Laboratorio Olimpico è un progetto ideato dall’Accademia Olimpica, sostenuto dal Comune di Vicenza e si prefigge di restituire al Teatro Olimpico un ruolo di ospitalità di eventi e sollecitazione di incontri intorno al teatro che ripensa i propri confini. Un tradizionale Ciclo di Spettacoli Classici si affianca a percorsi di approfondimento e convegni e Il 7 e 8 novembre si discuterà in una due giorni attorno ai rapporti del teatro col sacro. In una società votata all'intrattenimento, c'è un teatro che pare guardare alle proprie origini, anche antropologiche.
Il convegno è a cura di Roberto Cuppone, da un'idea di Cesare Galla e con la collaborazione di Oliviero Ponte di Pino. Numerose le partnership, come DIRAAS - Università di Genova, Classici Contro, Liceo “Pigafetta” di Vicenza.
Anche Rete Critica collabora al convegno, portando una serie di testimonianze di studio nella seconda giornata, e venendo ospitata come di consueto a Vicenza per una sessione di lavoro a ridosso del Premio.
Di seguito copiamo l'introduzione al convegno dei curatori e il programma della giornate.
Blasfemia (greco βλασφημία, blasphêmía; da cui "bestemmia") deriva dal βλάπτειν (bláptein), “ingiuriare”, e φήμη (phếmê), “reputazione”; significa letteralmente diffamazione, contestazione della Fama; cioè, più che del divino in sé, del suo valore identitario. Se è vero che il teatro, alla ricerca di uno statuto di necessità, da più di un secolo si racconta come discendente del rito (in questo confortato dall’antropologia e dai miti fondativi di quasi tutte le culture), allora si può dire, con una punta di provocazione, che la storia di quello che noi chiamiamo teatro è in effetti storia di una progressiva “dis-sacrazione” (come in primis dimostra il Teatro Greco); ma nel contempo anche di un senso di perdita, di ricerca di quella stessa necessità iniziale (come dimostrano ad esempio i ciclici dibattiti sulla tragedia e sulle origini del teatro). Ecco perché, secondo Grotowski, diversamente dalla profanazione, che è invece mancanza di rapporto col sacro, oggi paradossalmente «il blasfemo è il momento del tremito. Si trema quando si tocca qualcosa che è sacro; forse è già distrutto, distorto, deformato e comunque rimane sacro. Il blasfemo è un modo per ristabilire i legami perduti, per ristabilire qualcosa che è vivo […] Non c’è blasfemo se non c’è relazione vivente col sacro».
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