Email Facebook Twitter
NEWS

26/04/2018
Osservatorio sul festival Ipercorpo: aperte le iscrizioni


20/03/2018
Direction Under 30: aperto il bando per candidarsi


20/03/2018
Planetarium ai festival di teatro-ragazzi


19/03/2018
Teatro e giovani generazioni: un incontro-dibattito a Castelfiorentino


10/11/2017
Performing Gender: gran finale a Bologna


08/11/2017
Master in Imprenditoria dello spettacolo 17-18, Università di Bologna


07/11/2017
Con occhi nudi: un itinerario al femminile


05/11/2017
Lettera 22. Premio giornalistico nazionale di critica teatrale under 36


04/09/2017
Cornice Aperta. Aperitivo con gli artisti del Festival Danza Urbana


19/05/2017
Maggio all'infanzia, dal 17 al 21 maggio a Bari


04/05/2017
Ivrea Cinquanta – Mezzo secolo di Nuovo Teatro in Italia 1967 – 2017. Genova, 5-7 maggio


29/03/2017
Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


24/03/2017
''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


28/02/2017
“Comizi d’amore”, open call per registi/drammaturghi e attori under 35 di Kepler-452


11/01/2017
La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


05/12/2016
Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


07/10/2016
Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


23/09/2016
Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


03/09/2016
Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


31/08/2016
Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


TWITTER

Download pdf


INTERVISTE > Lenz, l'arte dopo la metamorfosi

Incontriamo Maria Federica Maestri a Cascina, poco prima delle repliche di IO e DAPHNE. Sui gradini esterni de La Città del Teatro, conversiamo animatamente del "cambiamento radicale" che soggiace agli ultimi esiti spettacolari di Lenz, ma anche di teatro, arte, società.


Partiamo dal progetto Radical Change...


Radical Change nasce dopo anni di affondi drammaturgici imponenti, da Calderòn de la Barca a Hölderlin, da Kleist al Faust. In sostanza, dopo vent'anni di confronto "tremendo" con le grandi drammaturgie dell'occidente. È solo alla luce di questo percorso che possiamo permetterci Radical Change, come un solfeggio che matura tecnicamente lungo gli anni. Eravamo alle prese con un progetto triennale su Genet, e una volta affrontata la prima tappa, Alta sorveglianza (2006), il percorso si interrompe. Siamo giunti a una saturazione. Da ora in avanti, il dualismo fra me e l'altra anima di Lenz, Francesco Pititto, si formalizza: io mi occupo della direzione scenica e performativa, mentre Francesco si concentra sull'immagine, l'imagoturgia. Si tratta di una scissione, che rimane ovviamente dialogante e fertile artisticamente. Forse la differenza fra Radical Change e il percorso precedente sta nel punto di partenza, che è quello di un turbamento. Prima il nostro processo creativo lavorava molto per innesti, ogni drammaturgia era madre dei successivi lavori. Questo progetto invece, si è venuto configurando come una ripartenza, almeno dal punto di vista formale.


Possiamo fare qualche esempio?


L'elemento più evidente è la sottrazione testuale, o piuttosto la "sonorizzazione" della testualità. Non c'è una testualità verbalizzata, almeno non nella dimostrazione orale. Il potere dell'immagine e del suono diventano l'ossatura, quello che tiene in tensione il lavoro creativo.

La guida, prima, era sempre stata la drammaturgia. In questo momento siamo invece acefali, sentiamo l'esigenza di fare un digiuno, anche dalla bellezza. La drammaturgia ti raccoglie, a volte ti consola. Non avevo più bisogno di questo, era necessaria una maggiore durezza, essere senza veli, partire da quello che sì è. È vero che dietro è presente il sistema di Ovidio ma, come ho già detto, non è attraverso questo autore che si definisce il lavoro dal punto di vista della testualità.

Radical change è la traduzione sconfortante delle Metamorforsi, che solitamente nell'evocare una processualità hanno la facoltà di rassicurarci. Nella metamorfosi è per me importante non il "mentre" - mentre succede - ma il "già successo", il cambiamento violento dal quale non si può più tornare indietro. Per chi la vive si tratta di un'esperienza corporale profonda, crudele. Direi che è un metamorfico tragico, non rasserenante. In questo senso, Ovidio contiene molte delle drammaturgie successive, basta pensare allo Shakespeare di Piramo e Tisbe. Ovidio è probabilmente il futuro che torna: nel percorso di Lenz viene per ultimo ma probabilmente sta alla base di tanti processi drammaturgici che abbiamo indagato con la compagnia.


Come si collocano nell'arco del progetto i penultimi episodi IO e DAPHNE?


Cronologicamente si tratta degli ultimi esiti, mentre nell'arco del progetto mostrano a livello spaziale un piccolo spostamento. Alcune delle precedenti tappe erano solo visive, per esempio in forma di video. Narciso è un video di fatto da Francesco Pititto su se stesso, Phile & Bau è un video di un marito e moglie vecchissimi che si trasformano in pianta per potere stare a tutela del tempio, l'abbiamo girato in una casa di cura per anziani terminali, abbiamo tentato di rendere l'atmosfera della fine della vita. Echo era esclusivamente musicale, una performance live di Andrea Azzali che da tempo lavora con noi; Phoenix è il primo episodio e si colloca dentro questo sistema plurale come una sorta di impronta di tutto il progetto: la necessità di combustione, il passare dallo zero per rinascere. Si tratta di un lavoro scenicamente complesso, con un grande incendio ricreato in scena. All'interno di Phoenix c'erano ulteriori tappe: Piramo e Tisbe, Alcione, Hecuba. Va detto che i soggetti attoriali di Lenz sono molto forti, per esempio l'attrice di Hecuba è una ragazza down, si tratta di persone che lavorano con noi da anni e che mostrano un'evidenza segnica e scenica dei segni molto forte.

In DAPHNE e IO penso che oltre alla pulsione sia presente la definizione dell'impulso. Le due performance non esisterebbero senza il mio rapporto con le interpreti, Valentina e Sandra. Quest'ultima lavora con me da 16 anni, si tratta di "vite" che stiamo condividendo, al di fuori da ogni retorica. Valentina invece lavora con me da cinque anni, è molto più giovane. Si tratta della più grande e della più giovane, due energie molto diverse fra loro che è come se ricucissero due parti di me. IO è la metamorfosi della ninfa in vacca, il suo sprofondamento corporeo totale, c'è una liturgia che è quella della materia, della carne, estatica ed estrema come la preghiera. Si tratta di una deificazione del momento carnoso della vita. DAPHNE, invece, è la ninfa che diviene albero per non essere violata da Apollo, il suo motivo fondante è "il mio piacere è il non piacere". Da un lato c'è un piacere dell'abnorme, dell'essere oltre il proprio spazio corporeo, dall'altro c'è una secchezza, un'asciugatura vegetale e lignea che rifiuta la tensione umana e materica. Sono anche due lavori in "solo", una dimensione appassionante che in passato avevamo scarsamente praticato.


I due lavori, forse, virano anche rispetto alla ricerca sullo spazio e sulle costruzioni scenotecniche...


Sì, in questo caso c'è quasi un grado zero dell'elemento installativo. La materia è all'osso, i segni ci sono ma sono scarnficati, essenziali. Penso alle gelatine di Simmenthal di IO, o al legno di DAPHNE ... si tratta di materiali portatori di una grande "spiritualità". È materia povera, dozzinale, molto commerciata e venduta nei supermercati. Abbiamo intuito che la riproduzione del niente riporta in luce il nostro tutto, quel tutto che affonda continuamente nella non identità. I pezzi di legno di DAPHNE non sono niente, nel potenziamento soggettivo possono invece essere più di un marmo del Bernini. Credo che l'arte contemporanea debba per forza passare da un momento di smontaggio, mantenendo però una sorta di "potere barocco", che si allontani dal quotidiano e dal suo tormento, aspetti che credo non facciano parte del nostro lavoro. Noi tentiamo di ricostruire una potenza a partire da un vuoto, ma facendo passare questo vuoto attraverso un pensiero barocco, che possa restituire un valore all'oggetto per riportarlo nello sprofondamento poetico.


Allarghiamo ora il discorso. Spesso c'interroghiamo su come il teatro possa mettersi, o rimettersi, in relazione con la società. Forse però, prima di arrivare a una risposta, che spesso rischia di scivolare nel banale o nel generico, sarebbe opportuno capire qual è la giusta domanda da formulare... che opinione vi siete fatti dopo vent'anni di attività e di vita nel teatro?


Credo che interrogarsi sul rapporto fra arte e società, così in assoluto, sia una domanda che andava fatta negli anni '50, quando si avvertiva che il teatro aveva una vocazione d'identità forte. Forse oggi bisogna parlare di tante società, e forse ancora meglio è parlare di tanti club. Io posso dire di avere cercato di appartenere a diversi club, e di iscrivere al mio persone che naturalmente non l'avrebbero frequentato. Per fare un esempio, ho lavorato sette anni con un gruppo di ex degenti psichici, dai 60 ai 95 anni di età. Anche questo è un pezzo di società, certamento molto residuale. Ma attenzione, voglio dire qui che non mi sono "fatta attraversare" dalle loro storie. Al contrario. Ho capito La morte di Danton fino in fondo quando l'ho messa in scena con loro. Solo loro possono dire una battuta come «siamo elefanti». Al centro, quindi, è rimasto Büchner, non le loro storie e le loro sofferenze. Ho fatto percorsi teatrali insieme a persone con deficit sensoriali gravi, insieme a persone down o comunque affette da patologie. In questi anni ho avuto 350 allievi. Non è stato un "giretto turistico", come fanno in tanti. Eppure, in IO e DAPHNE, loro non ci sono. Fino a quando si riesce a "sincopare positivamente" penso sia necessario penetrare diversi club. Certo, bisogna essere bravi e capire dove fermarsi per non essere penetrati e devastati da questa collettività.

La società... innanzi tutto si tratta un quartiere, del posto dove vivi. A Parma ci siamo costruiti uno spazio in uno stabile industriale, ora vicino alla stazione, che è un luogo un po' degradato. Già lì siamo nella società. Lì sei un presidio, sei dentro a un quartiere con poca identità (o con molta, dipende da dove guardi), sei a presidiare e a difendere cose a volte non socializzabili. La signora del quartiere non viene a vedere i lavori di Lenz. Eppure seì lì, proteggi un sistema. I bambini del quartiere, per esempio, hanno fatto un lavoro sulle zone cittadine che stanno scomparendo. Sono venuti in teatro a proiettare un video. Per loro è stato importante vedere un edificio industriale del '900. Sei in una "piccola società", è vero. Però più di così, per me, non si può sognare. Francesco Pititto, per esempio, ha un corso di docenza in un istituto d'arte. Ogni anno si chiede chi glielo faccia fare, perchè per noi la "normalità" di un ragazzo di 17 anni è molto faticosa. Eppure, se decidiamo di mollare, chi si prende la responsabilità? E qui intendo un noi allargato alle persone che credono ancora nell'arte e nella cultura. L'alternativa è Mediaset, nel bene e nel male. Anche questi corsi e laboratori che facciamo sono dei pezzettini di società. Credo che sia necessario raccoglierne il più possibile, di questi pezzettini, e tentare di tenerli insieme. Credo di poter dire che noi, con estrema fatica, ci stiamo provando. Ovviamente, se relazioniamo tutto questo ai macrosistemi, rimaniamo sempre delle pulci.


Quindi, verrebbe da chiedere, qual è il potere delle pulci?


Penso sia necessario dare qualche risposta. Siamo un paese che si fa continuamente delle domande, che continua ad accumulare interrogazioni. Abbiamo domandato tanto, tantissimo, con il risultato che gli altri hanno risposto per noi. È necessario rispondere, anche nel fare. Con i limiti delle risposte, che spesso sono fattive, agìte, ma non devono essere supponenti. Le responsabilità sono anche nostre, per quello che vediamo intorno che non ci piace. I condizionamenti, le pressioni, portano troppo spesso a difendere i bastioni raggiunti. Le risposte, invece, non le diamo mai. Ci "caliamo nel tragico", ma le risposte non vengono. Eppure Antigone, a un certo momento, una risposta la dà. Noi lavoriamo nel contemporaneo, ed è una nostra responsabilità dire certe cose. Penso che Lenz abbia provato a dare qualche risposta. Prendiamo il mercato dell'arte visiva, per esempio: ci sono artisti che vendono a sei milioni di euro. Noi teatranti invece manteniamo sempre un finto doppio livello, affermiamo la collettività, la coralità d'intenti, diciamo di appartenere a un'area unica che lavora insieme... non è vero! Ci portiamo dietro vecchi schemi, che vengono anche dagli ambienti universitari degli anni settanta. Le cose succedono perchè le vogliamo. È bene smettere di confortarsi nel nostro piccolo teatro di ricerca. Noi per esempio ci sentiamo affini ad artisti internazionali, magari che praticano altre discipline, piuttosto che a un bonario "noi" rappresentato da chi opera nel teatro. Certe volte sarebbe sano affermare pubblicamente queste cose.


di Altre Velocita'
 

COMPAGNIE
 

LINKS

FESTIVAL

marzo-maggio 2018
Planetarium
Osservatorio sul teatro ragazzi

14 - 22 ottobre 2017
Vie Festival 2017
Laboratorio di critica e giornalismo

giugno 2017
Futuri Maestri
Laboratorio Futuri giornalisti

28-31 ottobre 2016
Crisalide
Perché passi un po' di caos libero e ventoso

ottobre 2016
Vie Festival 2016
Arti sceniche internazionali e italiane

22 settembre - 2 ottobre 2016
Contemporanea Festival 2016
Le arti della scena

ottobre 2015
Vie Festival 2015
Arti sceniche internazionali e italiane

1-4 ottobre 2015
Crisalide
Non è successo niente, è ciò che stiamo diventando

25 settembre - 4 ottobre 2015
Contemporanea Festival 2015
Le arti della scena

Febbraio - aprile 2015
Nelle pieghe del Corpo
Virgilio Sieni, Bologna

ottobre 2014 - marzo 2015
Festival Focus Jelinek
Festival per città

9-25 ottobre 2014
Vie Festival 2014 Modena___Emilia
Arti sceniche internazionali

10 - 20 luglio 2014
Santarcangelo · 14
Festival internazionale del teatro in piazza

12 - 21 luglio 2013
Santarcangelo · 13
Festival Internazionale del Teatro in Piazza

aprile 2013
Pinocchio della non-scuola
Immagini a cura di Osservatorio Fotografico, note a margine su Pinocchio

5-13 ottobre 2012
Tempo Reale Festival
Ricerche musicali contemporanee

14 - 23 luglio 2012
SANTARCANGELO •12
Festival internazionale del teatro in piazza

Primavera 2012
Vie Scena Contemporanea Festival
Arti sceniche internazionali

Marzo 2012
BilBolbul 2012
fumetto, illustrazione, disegno

ottobre 2011
Vie Scena Contemporanea Festival
Teatro internazionale a Modena, Carpi, Vignola e limitrofi

Settembre 2011
Arca Puccini - Musica per combinazione
Rock indipendente italiano e internazionale