Ancora una volta davanti al bancone del salumiere, a risolvere l’eterno dilemma della scelta tra Crudo e Cotto. Salume o categoria antropologica di Claude Lévi-Strauss che sia, la necessità di fare una scelta è inevitabile quando arriva il nostro turno. Ma è sempre indispensabile scegliere? Il crudo è saporito e gustoso, avvincente al palato, ma costoso; il cotto è spesso più anonimo e poco corposo, ma meno caro e più facile da conservare e consumare. Cosa li rende così diversi seppure così uguali all’origine? Dal crudo come condizione primitiva si passa al cotto come stato dedotto, successivo, che non avviene naturalmente ma attraverso una condizione data: la cottura. È ancora volontario questo processo, siamo ancora custodi del segreto del fuoco? E se cocendo otteniamo un cotto quasi bruciato? C’è un passaggio di stato e di gustosità irreversibile nella cottura. Forse ci si sta abituando a “trangugiare” cotto e stracotto, dimenticando il sapore di quello che amavamo in quanto crudo. Esiste un fuoco che non controlliamo e che cuoce a poco a poco ogni cosa?