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PER UNO SPETTATORE CRITICO, LABORATORIO DI GIORNALISMO > Scrivere danzare pubblicare. Conversazione con Kinkaleri (con una nota di Piersandra Di Matteo)


Dopo una serie di incontri con i membri del collettivo Kinkaleri (Massimo Conti, Gina Monaco e Marco Mazzoni) avvenuti fra 2015 e 2016, abbiamo trascritto una conversazione attorno al progetto
All! (2012/2016). Ma prima di ascoltare la voce del gruppo toscano, ospitiamo la testimonianza di Piersandra Di Matteo, studiosa e teorica di performing arts che curerà una pubblicazione sull'intero percorso, in uscita nel maggio 2017.

Piersandra Di Matteo
«L'idea della pubblicazione è nata da un desiderio che ha visto convergere me e Kinkaleri verso un obiettivo comune: un progetto editoriale che lasciasse una testimonianza e rilanciasse i temi del progetto All!, lavoro multimodulare che si è sviluppato in tre anni, con manifestazioni molto diversificate nel tempo. Sia io che Kinkaleri siamo in dialogo con Giacomo Covacich, fondatore della casa editrice di arte contemporanea e design “bruno”. L’idea è portare avanti la riflessione sul linguaggio nata durante il progetto All!, far incontrare ambiti diversi e farli convergere in una forma di dialogo tra me - che sono una teorica di arti performative - Kinkaleri, che ha ideato il progetto e l’ha sviluppato, e Giacomo Covacich, graphic designer ed editore.
Il libro avrà un’anima archivistico-documentativa, raccoglierà le tracce del loro lavoro attraverso materiali eterogenei: iconografici, teorici, testuali, tramite rimandi alla letteratura da William Burroghs alla poesia beat. Il volume sarà simile a un oggetto artistico, un luogo di sperimentazione al di fuori del palcoscenico e una piattaforma che, come il progetto di Kinkaleri, rappresenterà un dispositivo di interrogazione sulla vertigine del linguaggio. Ci saranno degli affondi teorici che avranno il compito sia di raccogliere una memoria del progetto, sia di segnalarne le fonti ideative. In effetti stiamo pensando al libro in maniera performativa, come un oggetto che va attraversato da un lettore che dovrà necessariamente assumere una posizione, decidere come maneggiarlo.
Ho creduto nel progetto All! sin dalla sua genesi e spero che tale pubblicazione diventi una testimonianza sul processo di creazione. Credo che negli anni la critica non abbia adeguatamente  messo in risalto il valore di All!, quindi mi sembra necessario lasciare una traccia. Credo che con questo progetto Kinkaleri sia riuscito a produrre anche un gesto performativo di carattere politico, creando una dimensione ludica e spettacolare ma coerente e precisa, un linguaggio fruibile e incorporabile da chiunque, sia che venga mostrato all'aperto in una stazione sia che si manifesti al chiuso in un teatro».



"bruno" è la casa editrice che curerà il progetto: ce ne parla il suo editore.

Giacomo Covacich
«Nata come studio di grafica dall'idea di due giovani creativi, "bruno" adesso è anche un luogo di creazione e da due anni una casa editrice a tutti gli effetti. Oltre al progetto del libro su All!, "bruno" ha anche curato la creazione di un vero e proprio font che restituisce alla carta l'alfabeto gestuale sviluppato dal gruppo per essere danzato. Ora All è un font come Times New Roman».



Durante la scorsa edizione del festival Contemporanea a Prato avevamo incontrato Kinkaleri, parlando di All! ma anche dei meccanismi sottesi al produrre e ospitare danza oggi. A quella conversazione si frappone la testimonianza del gruppo raccolta nel 2016, poco prima della serata All for All (il 7 settembre 2016, durante Contemporanea 16).

Kinkaleri: All!
Dopo un lungo lavoro su alcuni autori teatrali e sulla parola – abbiamo incrociato Shakespeare in Alcuni giorni sono migliori di altri nel 2007, Genet in I Am That I Am nel 2009, Brecht per Ascesa & Caduta nel 2010 – siamo tornati al linguaggio del corpo. Per noi è ricostruire un codice della danza, ritrovando il nostro margine di libertà dentro alle regole. È stato anche un modo per riflettere sulla parola e sul ritmo, partendo dagli scrittori americani della beat generation degli anni '60, attraverso i testi di Allen Ginsberg, per esempio. Ci siamo molto ispirati al suo concetto di "universo soggettivo".
Il progetto All! è composto da ventidue performance che hanno frammentato l'idea di linguaggio, reinventandolo e ricodificandolo, realizzate in collaborazione con musicisti, compositori, scrittori, poeti, danzatori. Abbiamo così creato uno strumento fruibile da tutti e adattabile agli stimoli dei luoghi in cui viene elaborato e performato, creando numerose diramazioni. In queste ventidue performance abbiamo cercato di dare forma a un linguaggio capace di generarsi dalla scrittura alla danza, a cominciare dalla creazione di un alfabeto inventato che ci serve come pre-testo per creare coreografie. Noi lo abbiamo chiamato “codice K", perchè di un codice si tratta, sebbene venga arricchito di volta in volta con elementi soggettivi legati alla nostra sensibilità. Si tratta di spiegare le regole, far vedere come applicarle per poi usarle in piena libertà.  Abbiamo dunque prima di tutto messo a punto un alfabeto, un punto di partenza concettuale per tutto il lavoro su All! che poi si è sviluppato ovviamente anche attraverso diverse performance e spettacoli dove tale alfabeto è stato "applicato" (fra i quali Fake for Gun No You, 2012, Someone in Hell Loves You, 2013, Real Good Time, 2015).

Nello spirito beat abbiamo trovato la volontà di inventare un rapporto personale con l'arte, sostenendo con forza che l'arte è creazione di mondi da condividere e che questi mondi possono essere costruiti da tutti coloro che nel loro percorso di esistenza percepiscono la volontà di esprimerlo. La messa in discussione del linguaggio, la sua cortocircuitazione e manipolazione sono parte di quelle sperimentazioni poetiche di un'epoca ricchissima di rotture e libertà da prendersi in nome di un soggetto che si vive come opera d'arte. Applicando questa idea di fondo abbiamo proposto numerosi laboratori, che sono diventati gli strumenti con cui divulgare e diffondere i pensieri appena esposti, non a caso si sono chiamati Virus. I laboratori sono stati un tentativo di far esplodere un contagio, la necessità di rompere le gerarchie e le impossibilità legate all'arte (produrla, farla girare, vederla) che nel contemporaneo sembrano paradossalmente tornare in moto. Nel mondo odierno siamo tutti teoricamente liberi ma anche paradossalmente, intimamente controllati. In tale complessità ognuno fa i conti con se stesso, l'arte è un mezzo per fare esperienze "altre" e noi cerchiamo di dimostrare che ognuno è padrone del proprio rapporto con il mondo.

Kinkaleri: All for All
Il motivo per cui abbiamo deciso di organizzare la festa per finanziare il libro su All! è anche e soprattutto politico, da qui la necessità di coinvolgere tutti i luoghi nei quali All! è stato messo in scena in questi tre anni. Abbiamo mandato un invito ai direttori artistici e alle realtà che lo hanno ospitato chiedendo un sostegno, ci piace l’idea che questo libro possa essere l’occasione per  mantenere aperto un dialogo in cui tutti contribuiscono alla sua realizzazione attraverso un’azione concreta, un finanziamento, anche simbolico.
Il motivo della chiamata a raccolta è costruire una comunità che decide di sostenere un progetto che non è più soltanto di Kinkaleri. Il mondo dell’editoria teatrale ha attualmente dei forti problemi e quindi abbiamo pensato che potesse essere un gesto importante dare il via a un crowdfunding, abbiamo chiesto ad artisti visivi della scena contemporanea di donarci alcune loro opere firmate, da mettere in vendita durante la serata, creando un momento conviviale di gioia e divertimento in linea con l’idea di creazione di spazi comuni diversi da quelli della fruizione spettacolare; spazi in cui sia possibile aderire e sentirsi partecipi di una progettualità altrui.
Con la festa è cominciato il crowdfunding, a prosecuzione dello spirito del progetto. Anzichè utilizzare una piattaforma online, metodologia attualmente più ampiamente diffusa, abbiamo preferito il contatto diretto, dei momenti di condivisione in presenza più vicini allo spirito poetico e giocoso di un happening, di un incontro aperto anche all'imprevisto. Naturalmente è possibile sostenere il progetto anche solo con l'acquisto di T-shirt, adesivi, poster ma sopratutto è possibile fare il pre-order del libro, tutte possibilità che probabilmente terremo “aperte” anche durante le tournée.



Kinkaleri: la danza oggi
Siamo nati nel 1996, la compagnia era composta allora da sei membri e la nostra poetica includeva ovviamente i diversi punti di vista di ognuno. Oggi la compagnia è formata da Massimo Conti, Marco Mazzoni e Gina Monaco. Siamo presenti a Prato dal 2002 attraverso una residenzialità che prevede la gestione dello spazioK come punto di partenza della relazione col territorio; in questo spazio ospitiamo tutti i laboratori per adolescenti, le residenze, le serate di spettacolo, i progetti dedicati alla performance contemporanea come Body to be. Attraverso la cura di questo spazio cerchiamo di riconnettere il territorio con l'arte e con la danza contemporanea.
Come detto, in questi anni ci siamo rivolti anche ai giovanissimi e agli adolescenti, per cercare di avvicinarli al contemporaneo, creando stimoli per innescare interesse, facendo conoscere altre strade espressive diverse dall'intrattenimento diffuso attraverso i mass media.

Il nostro lavoro ruota attorno ad alcune riflessioni: cosa è la danza oggi? Da quali concetti parte? Quale tipo di linguaggio rappresenta e quali forme utilizza? Cerchiamo di mettere in discussione le risposte precostituite. Attraverso il progetto Is it my world?, per esempio, abbiamo cercato di rilanciare alle nuove generazioni la frequentazione della danza e della performance in generale, anche attraversandone la sua storia per arrivare a porre delle domande, lasciando aperte le risposte.
Dal punto di vista del linguaggio la danza ha un potenziale espressivo molto diverso dalle altre arti e crediamo che questo vada compreso e rilanciato come unicità di relazione con chi guarda. La sua presunta incomprensibilità può diventare orizzontalità della percezione e dunque paradossalmente può riuscire ad aprirsi più di altri linguaggi, predisponendosi a essere liberamente reinterpretata. La danza per anni è stata considerata l'arte effimera, inafferrabile e inconsistente per antonomasia. Il teatro parte da un testo, mentre per diventare concreta la danza va "vista". Capiamoci, ovviamente la trascrizione dei codici coreografici è possibile: pensiamo per esempio al grande lavoro fatto da Cunningham o Forsythe. Nel nostro libro del 2008 La Scena Esausta abbiamo pubblicato esattamente delle trascrizioni degli spettacoli che nel volume nominiamo. Eppure, lo sappiamo, resta un qui e ora che appartiene a tutta la scena dal vivo e che non può essere trascritto. Per la danza accade se parliamo della drammaturgia del movimento nel suo farsi. È davvero possibile descrivere l'esatta sostanza della danza quando siamo immersi nel processo creativo? E come questa sostanza si traduce nell'esecuzione? Intuiamo una complessità di fondo che solo uno sguardo in presenza può cogliere, solo uno sguardo di fronte alla danza  nel suo farsi. Forse anche per questo, pur essendo fra le forme espressive più antiche, è accaduto che alla danza sia rimasta la nomea di arte difficile e noiosa perché incomprensibile. Il grande paradosso della danza è infatti questo: da luogo di espressione del corpo slegato dal significato e occasione di immediatezza a luogo della incomprensione e dell'equivoco.
Eppure oggi la danza si sta riprendendo degli spazi. Se all'inizio del Novecento è stata d'ispirazione per le istanze delle avanguardie, oggi, dopo che la destrutturazione di molti linguaggi dell'arte può dirsi compiuta, se ne percepisce il valore e la potenzialità che possiede di abbattere molte barriere. Ci riferiamo alla danza come relazione espressiva, uno strumento che ha sempre avuto un carattere orizzontale, nelle sue diverse forme è sempre stata praticata da tutti a tutti i livelli, fino da arrivare alle odierne discoteche. Diverso è ovviamente il discorso legato alla fruizione della danza come spettacolo e codificazione di gesti simbolici. La danza, nel suo intimo rapporto appartiene a tutti, e questo, dopo la "fine dell'arte" ritorna a essere un tema fondamentale nella relazione tra il corpo e il desiderio. Il segno dell'essere contemporaneo è paradossalmente (non siamo tutti digitali?) tutto qui.

Oggi stiamo attraversando un momento di frattura. Dopo il post-organico degli anni '90 il corpo sta ritrovando nuovo valore tramite correnti di ricerca che includono nella performance diverse discipline e linguaggi artistici. Vediamo una permeabiltà tra il fare coreografico e l'arte contemporanea che ha trovato in questi ultimi anni delle connessioni importanti riposizionando il corpo al centro della riflessione filosofica dell'arte e della coreografia, scoprendo nuovi ambiti di esposizione e di legittimazione della fruizione. Noi nel tempo abbiamo ospitato o collaborato con artisti i cui percorsi sentiamo affini al nostro, connettendo discipline e usando il linguaggio del corpo come elemento di connessione. Molti artisti sono partiti dal mondo della danza per arrivare all'arte contemporanea, si tratta di una ricollocazione, di uno scivolamento in un luogo in cui lo spettatore avverte una vicinanza con approcci diversi, più aperti.
Di solito si tratta di territori e zone che attribuiscono allo spettatore una funzione vitale. A chi guarda viene chiesto di creare associazioni, di interpretare in modo attivo, a partire da  segni precisi.  Spesso si discute attorno a una presunta non-comprensibilità di tali ricerche. Sarebbe però necessario, per prima cosa, tentare di applicare questa “traslazione” dello spettatore al suo stesso sguardo: invitarlo a “compiere” la scena con la sua mente, a collocarla, a instaurare un dialogo continuo fra quello che pensa e quello che gli viene mostrato.
 
a cura del laboratorio "Per uno spettatore critico"
(Antonia Liberto, Alla Muenchenbach, Lorenzo Donati)

Link
www.kinkaleri.it
www.b-r-u-n-o.it
   

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