RECENSIONI > Linea verde: dalla Genesi a David Lynch
Situazioni difficilmente riconducibili a contorni di realtà, dove ogni spettatore è legittimato a costruire autonomamente le immagini della propria storia. Forzando un po’, potrebbe essere questa una delle chiavi di lettura interna alla linea verde dell’Alveare Officina Giovani. Un percorso che richiede allo spettatore di spostarsi lungo quattro stazioni, che corrispondono ad altrettanti tentativi di indagare gli umori della contemporaneità.
Villanuccia disegna un mondo sovraccarico di punti di vista, codici espressivi e riferimenti mitologici. In Deus ex Stans Adamo ed Eva sguazzano in due specchi d’acqua contrappuntati dal canto di una donna vestita di nero. Con in mano un gomitolo rosso dal quale si allunga un filo, essa conduce gli spettatori e induce i due amanti in tentazione. Arianna o il serpente? Concentrare l’attenzione su un banco da frutta, su un video fondale live o su coppie di scarpe che spuntano dalle pareti? Nell’impossibilità d’orientamento, la prima stazione scorre lasciando perplessi.
In Bipedi Teatrificio Esse propone una riflessione sull’impossibilità della completezza umana. Partendo da Calvino, un manipolo di bizzarri personaggi è in cerca della scarpa mancante. A turno una ventina di figure entrano ed escono in maniera comica dalla scena, tutte con un piede scalzo. L’indagine è didascalica ma accattivante.Il pubblico apprezza.
Ambizioso il progetto di Open, che indaga la conformazione dei luoghi attraverso la risonanza acustica (OPENVolume): ogni spazio possiede il suo peculiare volume (le stanze, la zona del pubblico ecc). Che succede se ognuno di questi è compresente con gli altri? Si tenta una possibile risposta mettendo in dialogo azioni performative eterogenee (per esempio un uomo che solleva pesi da palestra) con suoni registrati che provengono dall’esterno e dall’interno dello spazio.
Suggestivo e attraente il lavoro di La Petit Mort di Jacopo Miliani, che sembra citare alla lettera l’ultimo David Lynch. Gli spettatori vengono fatti entrare uno per volta. Una ragazza con una trasmittente comunica: “Arriva”. Si schiude una sala teatrale vuota. Le poltrone sono tutte riservate, chi entra non può che rimanere in piedi e avvicinarsi all’unica persona seduta. Un uomo con la bocca dilatata da uno srumento sadomaso, e con gli occhi sbarrati. È il teatro di Mulholland Drive , dove le protagoniste, alla metà esatta della pellicola, mutano le loro esistenze manipolando una misteriosa scatola blu. Parafrasando un altro recente film, Jacopo Miliani fa provare al pubblico che significa Essere David Lynch. L’esistenza di chi partecipa a Time is like a bullet from behind, presumibilmente, non subirà deviazioni sostanziali, nonostante l’osmotica apparizione che attenderà loro nel finale.
Istruzioni: attraversare i primi passaggi, restare in ascolto nel terzo, lasciare ogni certezza prima di uscire.