Alvis Hermanis incastona il suo piccolo gioiello Sonja all’interno di una scatola a imbuto con perimetro troppo stretto, che raccoglie tutti gli oggetti, le cianfrusaglie, gli strumenti da cucina e i prodotti per la cosmesi di Sonja, una donna drammaticamente sola e un po’ particolare. Il racconto dell’autrice russa Tatjana Tolstaya non viene adattato drammaturgicamente dal regista lettone, ma rimane invariato, portato in scena in forma di narrazione da uno di quegli sciacalli che, durante la guerra, entrano nelle case vuote per rubare le ultime cose rimaste. Insieme a lui c’è un suo compagno, grassoccio, brutto, un po’ stupido e per questo facile da comandare: sembra Sonja, quella strana donna che abitava lì durante la guerra. E ecco che il racconto in flashback diventa rappresentazione: il ladro scaltro si fa narratore e lo scemo a seguito diventa Sonja, la sciocca del villaggio, da sbeffeggiare quando si ha voglia di ridere e da sfruttare quando si tratta di imbastire banchetti, rifinire orli e badare a bambini impertinenti. E a volte, quando si scherza troppo, più che ridere si finisce per creare un danno più grande del previsto. Una donna brutta, sola e stupida immagina, desidera l’amore e ci fantastica sopra, e la perfida Ada, amata e vezzeggiata, manovra acutamente l’invenzione diabolica di un uomo sposato infatuato di Sonja, simulando un amore epistolare e impossibile. Uno scherzo meschino che diventa la gioia più grande della vita di Sonja, con un epilogo tragico per entrambe. Alvis Hermanis non stravolge il testo e non crea arditi effetti scenici. Cuce la tela del racconto lentamente e semplicemente, gustando i piccoli gesti femminili di una casalinga sfatta rappresentata da un attore che, con gli occhi troppo aperti e la bocca semi imbronciata, i bigodini in testa e la cipria sulle guance, crea magistralmente sulla scena le movenze goffe e trascinate di Sonja. Ode alla semplicità di Alvis Hermanis che senza teli per le proiezioni o stonati assoli lirici crea un bijoux con mano delicata, un piccolo scorcio del mondo russo: una piccola storia, una piccola protagonista, diretti da un grande regista.
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