Nel linguaggio degli adulti, i bambini, soprattutto se sono in gruppo, devono “essere gestiti”, parola che mal sintetizza il ruolo di guida e esempio, in una parola di ‘adulto’, che spetta al genitore, anche se faticosamente abbinato alle paure, le ansie, i dubbi e gli errori che inevitabilmente appartengono alla natura umana. Il modo scelto da Tim Etchells per gestire la ciurma di preadolescenti affidatagli dalla compagnia Victoria in That night follows day ricalca alla lettera quel modello, evocando in particolare l'intruppamento caro alla disciplina scolastica, a partire dal scenografia che trasforma il Teatro Storchi in un'enorme palestra. Forzando quello che la percezione adulta descrive come natura ipercinetica del bambino, Etchells disciplina i movimenti dei giovani performer disponendoli in una fila a ridosso del proscenio, da cui l'unica deviazione possibile è raggiungere le panche sul fondo.Da questa ostinata frontalità i ragazzini, domati per l'occasione in una incredibile compostezza, spingono in faccia al pubblico un testo che è un montaggio serrato di tutte le cose meravigliose, stupide o meschine dette e fatte dagli adulti per ridurre la complessità della vita a misura di bambino. I bambini ci guardano e in questo spettacolo Etchells vuole portarci a guardare noi stessi, con tutte le contraddizioni e le discrasie del caso, anche se ci si augura che questo un adulto lo sappia già fare.
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