Un palcoscenico vuoto, completamente illuminato. Ai lati, quattro vasi di acciaio, riempiti di garofani, colorano di rosso lo spazio. Entra un attore e tiene stretta fra le mani una pianola. Si siede e Mozart inizia a suonare. La melodia, storpiata dallo strumento, invade lo spazio, ma il pubblico continua a vedere solo il performer, che esce, e la sinfonia si blocca. Che cosa sarebbe, infatti, Mozart senza la sua presenza? Entrano tre attrici e insieme ripetono un motivetto: “Siamo a teatro per divertirci”. Poi, come se lo spettacolo fosse già terminato, lanciano i fiori ricoprendo tutto il palco. È la cornice del lavoro di Via Negativa, Four Deaths, sesto capitolo di un’indagine sui peccati originali. Sul fondo uno schermo bianco compaiono le fotografie di Pina Baush, Tim Etchells, La Ribot e Marina Abramovic. Gli attori, già spettatori delle performance dei quattro grandi artisti, danno vita ciascuno per adorante invidia a una possibile fine del proprio ‘maestro’. Ogni performer è protagonista di un quadro e, finita l'esibizione, non resta nulla: tre silenziose donne delle pulizie spazzano via ogni cosa. Gli artisti, copie imperfette, si muovono in equilibrio precario, intrappolati tra realtà e finzione. E gli spettatori continuamente applaudono. Non c'è una particolare ricerca estetica. C'è, invece, l’eliminazione totale di tutti gli elementi non essenziali alla chiarezza del messaggio. Evidente in scena è l'impronta etica che il regista dà al progetto: l’identità di ogni individuo si manifesta proprio incorrendo nel ‘peccato’. E la strategia che i quattro sloveni utilizzano per dimostrarlo è chiara: ripetere le azioni dei loro maestri, che, nel momento in cui attraversano il loro corpo, la loro fisicità, diventano grotteschi e vuoti di senso.