In questo festival solo due spettacoli hanno utilizzato come elemento centrale le proiezioni video: Stefan Oertli con la compagnia Fraction in Daemonie e Patricia Allio con Blood and guts in high school di Kathy Acker. Coincidenza vuole che entrambi gli spettacoli abbiano come figura centrale la donna vessata, vittima di abuso. Ironia della sorte, sono proprio questi due spettacoli a restare sospesi nell’aria, forse deludendo o comunque lasciando perplessi.
Lo spettacolo di Oertli si dipana in quasi tre ore inscenando un agglomerato ridondante di visioni, immagini, concetti, assoli e duetti lirici, con personaggi che vengono appena accennati ma non rappresentati. Partendo dalla favola di Barbablù e arrivando ai fatti di cronaca, la donna appare solo come strumento da manipolare dall’uomo-tiranno. Di risposta Patricia Allio, dando voce al disperato grido di aiuto della sua giovane protagonista, innalzando un trespolo demodè di metallo, utilizza gli schermi come supporto di una storia lacerante priva di grandi risvolti, pleonastica, che spesso degenera nel volgare turpiloquio datato e poco confacente ai tempi attuali. Dopo le lotte femministe per liberarsi dallo sguardo ossessivo e dal gesto illecito, dall’approccio maschile limitato alla superficie, questi due spettacoli riportano le donne a una anacronistica passività.
Non un giudizio di stile, questo. Solo una breve, ma femminile, perplessità.
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