Le immagini di Romeo Castellucci hanno una persistenza onirica: gli enigmi come i sogni al mattino ritornano, sfumati, e ti sorprendi a pensarci. Accade così anche per Vexilla regis prodeunt inferni, che sarà possibile vedere ancora stasera a Ponte Alto (ore 20.30 e 24). Cinque quadri, studi preparatori per il nuovo progetto sulla Divina Commedia che debutterà al festival di Avignone nel 2008, in cui il regista sarà artista Associato dell’importante evento. Sono studi, e di ciò lo sguardo dello spettatore deve tenere conto, cercando di scovare i nuclei germinali che, sviluppati, possono dar luogo ad uno spettacolo con un’anima che si imponga alla mente dello spettatore. Sono quadri dalle tonalità differenti: è il pesante avanzare di un vecchio e di un uomo che ci introduce allo spettacolo, nella bianca asetticità della prima stanza, in contrasto poi con la violenza espressiva di una luce rossa socchiusa dalle alte mura di un corridoio, anticamera infernale. Si deve superare la prima sensazione di essere di fronte a degli schizzi, dei bozzetti non particolarmente rifiniti: il problema è che la Socìetas Raffaello Sanzio ci ha abituati ad una cura del dettaglio che ora difficilmente si riscontra. Il confronto con gli episodi della Tragedia Endogonidia sorge spontaneo, anche perchè la realizzazione del ciclo è coincisa con la creazione di un alfabeto di forme e figure che Castellucci ha adoperato negli ultimi anni, una lingua acquisita difficile da disimparare anche per lo spettatore, che scorge in questo studio continue ricorrenze di immagini, frammenti e momenti delle opere precedenti. Un artista in ricerca quindi, che pare voler sperimentare la possibilità di adeguare il proprio linguaggio dal registro della Tragedia (endogonidia) a quello della Commedia (dantesca), che è volgare, nel senso etimologico del termine, cioè riguarda "le cose della gente". Castellucci raccoglie il problema della forma, chiedendosi quale sia la lingua adatta per parlare oggi della gente. Ecco quindi che al muro sonoro di Scott Gibbons, mente musicale del ciclo delle tragedie, si sostituisce la violenza espressiva di una band che suona dal vivo, gli Zu, gruppo di punta della scena musicale indipendente in Italia. E come in Hey Girl!, a Vie scena contemporanea festival l’anno scorso, anche in questo studio la dimensione della ‘gente’ si palesa nella presenza di un corpo adolescente, i cui singhiozzi disperati si trasformano in furia di corpi nudi e argentati, raggrumati in gruppi statuari, che si schierano, marciano, spariscono; si palesa anche nella cronaca, con la presenza di Soriano Ceccanti, che aveva sedici anni nel ’68, quando la polizia gli sparò durante una manifestazione costringendolo alla sedia a rotelle, e che ora si trascina nella vernice argentata verso un muro bianco, dove scrive il suo nome. E sono delle voci giovani a citare i versi della Divina Commedia: ma è difficile sentirle e capirle. Forse nell’orientarsi verso "le cose di questo mondo", che possiamo individuare la nuova ricerca di Castellucci. Ma proprio perchè è ricerca vera, non è immune da rischi: l’ultima parola a chi vedrà il trittico completo, al festival di Avignone, l’anno prossimo.
COMPAGNIE