Andare a teatro, sedersi al buio, ed essere investiti da un’esperienza. Essere parte e carne e sangue di ciò che accade, di quella stessa presenza in scena, respirarne lo stesso fiato. Non perché si è nicchia di eletti, non perché fiancheggiatori di un artista o di un pensiero o di un'onda, non perché più intelligenti o preparati. E nemmeno perché si è critici, o addetti ai lavori, o semplici appassionati. Ma perché si vive ciò che si incontra.
Che l'oggetto affascini o avveleni, lenisca o infetti, addormenti o istighi, una visione non passa solo dagli occhi, non si ferma alla pelle, non si limita a investire i sensi. Una visione agisce sul pensiero, attiva, scava, denuda, ammorba.
Il teatro è seduzione, ma mai ci culla nella passività di un abbraccio. Il teatro ci chiama alle armi della critica, alle nostre riflessioni e azioni, che possono essere, a ben guardare, solo adesione consapevole a ciò che si è.
Per questo il laboratorio di Altre Velocità ha scelto di affrontare una comune esperienza della visione, con tutti gli studenti che hanno scritto su queste pagine: Eliana Amadio, Beatrice Bellini, Lucia Cominoli, Alice Fumagalli, Paola Gnesi, Francesca Giuliani, Annalisa Maurutto, Andrea Porcelluzzi e Serena Terranova, coordinati da Valentina Bertolino, Lorenzo Donati, Lucia Oliva e Rodolfo Sacchettini.
Ma al di là delle pagine ospitate sulla Gazzetta di Modena, precipitato concreto dell'esperienza, in questi giorni di festival gli studenti hanno realizzato qualcosa che è insieme meno permanente e più duraturo dell'inchiostro stampato. Hanno condiviso un’esperienza collettiva, hanno speso parole, preso a pugni le idee, confrontato gli orizzonti. Hanno discusso per ore e vissuto per giorni.
Hanno formato la comunità di spettatori senza la quale il teatro perde la sua forza, provando a essere una comunità di ‘attori’ che porta le sue idee nel mondo più grande. Quello che inizia quando si capisce che non si è più studenti, perché lo si è per sempre.