Presentiamo alcune conversazioni introduttive al progetto CODA - Teatri del presente, pubblicate nell'omonimo catalogo stampato dalla Regione Emilia-Romagna nel maggio 2011 e curato da Altre Velocità.
Manipolo, dunque sono
Conversazione con Alessandro Panzavolta
Il titolo del progetto, la cui prima “stagione” ha debuttato a Vie nell'ottobre 2011, possiede chiari echi surrealisti. Come arrivate a uno spettacolo che utilizza i meccanismi dell'attuale società televisiva?
Il titolo Una settimana di bontà è desunto da un'opera di Max Ernst. Il progetto vuole rifarsi alla freschezza del gesto surrealista prima di secolarizzarsi, prima di divenire retorica dell’avanguardia. Usare oggetti estremamente quotidiani in cui il senso è leggermente spostato, manomesso. Il punto è stare dentro a un meccanismo ma capire come utilizzarlo o contaminarlo, come metterlo in scacco o sabotarlo. Tali presupposti, per noi evidenti nella stagione 1, si ritrovano anche nella seconda stagione, dove gli spettatori sono invitati a partecipare a una sessione collettiva del nostro party game Cobain Affaire $$$. La drammaturgia dello spettacolo è costituita quindi da un gioco in cui tutto quello che accade è già scritto, come succede nei format televisivi. Si tratta di un'indagine sugli esiti dell'intrattenimento odierno e sulla fruizone dell'immagine televisiva, che si pone come sostitutiva di molte relazioni sociali. La televisione è stata la porta di ingresso di una modalità in cui un palinsesto emozionale collettivo risponde al bisogno di socialità: per passarsi il pomeriggio non servono più le chiacchiere di quartiere con i vicini, basta la De Filippi. Ci sono stati degli antecedenti, delle “profezie” venute da forme che all'epoca non avevano la diffusione di massa dei talk show televisivi (il feuilletton o il fotoromanzo). Oggi, in ogni paese globalizzato, esistono programmi costruiti in modo identico: una De Filippi in Corea, una De Filippi finlandese... anziché avere una suocera o una vicina che odiamo, anziché avere problemi e conflitti da affrontare nel quartiere, nelle “tribù”, ora possiamo stare in casa e risolvere tutto con la televisione, in un rapporto di uno a uno. In questo ragionamento è arrivato l'elemento Kurt Cobain, che è nato pensando al pop televisivo: lo star system, nato con i divi del cinema, gradualmente ha inglobato molte altre sfere, come la musica.
Quali influenze, quali riferimenti vi hanno guidato?
Per progettare lo spettacolo ho fatto riferimento ai mie ricordi, pieni zeppi di televisione fin dall'infanzia. Mi ha inoltre colpito il recente film The Millionare di Danny Boyle. Luca Dubbini e Francesco Tedde sono stati i nostri consulenti per la costruzione di Cobain Affaire $$$, insieme ci siamo ispirati a giochi come Magic e Munchkin o Dragon e Hotel, quindi sia a giochi di carte e strategia sia a giochi di posizione e fortuna. Abbiamo anche studiato la manipolazione del pubblico negli spettacoli di magia, che avviene per via psicologica ma anche cabarettistica; si dice che l'80% delle persone che vengono prelevate dal pubblico e invitate a partecipare finisca per accettare, e il risultato è sempre positivo grazie a una serie di accorgimenti che adotta chi conduce. La veste grafica del gioco è stata affidata a Leila Gharib, che ha interpretato al meglio l'ambientazione.
La seconda stagione è dunque una mezza via fra grande varietà e trasmissione televisiva con gioco a premi, ammantata da quell'aura di scientificità di chi pretende pure di fare cultura, proprio come avviene in tv (con largo uso di grafici statistici, dati ed evidenze scientifiche). Mentre il pubblico gioca il presentatore si aggira fra i tavoli, come i conduttori che escono dallo studio e vengono seguiti dalle telecamere. Anche qui, ci troviamo a metà strada fra telecronaca sportiva e commento televisivo di un partita di Poker Texas hold 'em. Vista da questa prospettiva, il giocatore l'attore e lo spettatore diventano quasi indistinguibili.
Progettate quindi un grande meccanismo di gioco collettivo, in qualche misura “raggirando” lo spettatore, che crede di solo di stare giocando quando invece è in atto un discorso sotterraneo (i media, Kurt Cobain, gli scoop miliardari da rivendere all'editore...).
Il punto centrale resta l'atto di partecipare a un gioco ideato per lo spettacolo, in questo non c'è nessun raggiro. Lo scopo è che il pubblico si diverta, non che si renda conto di quanto sono cattivi Courtney Love o i media. Cobain Affaire $$$ è per noi un gioco commerciale “alternativo”, magari politicamente non corretto, ma non è un oggetto feticcio con una bella grafica, per questo speriamo che che venga acquistato nei negozi al di là della performance. Detto questo, e tornando al pubblico, esiste una dimensione semplice che richiede la partecipazione spontanea di uno spettatore che diviene giocatore e così crea contenuti attraverso il formato del gioco da tavolo. Altri possibili riferimenti possono essere F for Fake di Orson Welles, che utilizza la forma del finto documentario cinematografico per riflettere sulla falsificazione dell'opera d'arte e della realtà, fino ad arrivare alle trasmissioni di Carlo Lucarelli sulle leggende del rock: puntate simili a Blu notte ma focalizzate sulle leggende metropolitane che circolano attorno ad alcuni divi (Paul Mcartney è morto ed è stato sostituito, David Bowie è un vampiro prove alla mano, tanto per capirci). Partendo da varie bufale, gli autori hanno riscritto le storie mescolando dicerie, verità e finzioni grossolane, facendo leva sull'ambiguità. Gradualmente, lo stile vintage delle finte interviste d'epoca faceva capire che la gran parte dei racconti era del tutto inventata, eppure molti telespettatori ci hanno creduto senza porsi troppe domande. Anche a noi interessa questa confusione fra finto e vero, stando però attenti a non ingannare nessuno: Cobain Affaire $$$ è stato costruito riportando notizie note e altre meno note, ma non ha l'obiettivo di svelare la verità sulla morte di Kurt Cobain! Discutere invece sulla contraffazione, sulla spietatezza di chi vende o compra informazioni manipolate, ci interessa molto.