Interviste, recensioni, approfondimenti, interventi dal laboratorio di giornalismo "Per uno spettatore critico", in diretta da Vie a Modena e Bologna dal 13 al 23 ottobre 2016
Abbiamo incontrato Fabrizio Orlandi, direttore tecnico di Vie che lavora nei teatri di Modena e al festival da diversi anni. Gli abbiamo chiesto di introdurci in un ambito che solitamente rimane nascosto, il mondo del dietro le quinte.
Che cosa avviene "dietro le quinte"?
Il "dietro le quinte" costituisce la base del teatro, sia in un festival che durante la stagione. È il luogo in cui vari saperi artigianali si interescano, per la costruzione di ambienti e scene. Le persone che lavorano dietro le quinte devono saper trasformare la visione di un regista in qualcosa di spettacolare e di concreto allo stesso tempo. Quando lo spettatore entra in contatto con questo mondo resta stupito perché la macchina del teatro funziona in maniera sorprendente, nel senso che produce sorpresa. A volte, soprattutto quando montiamo all'aperto, stimoliamo la curiosità di chi ci vede. Credo quindi che il "mondo dietro le quinte", se scoperto e visto, possa diventare un catalizzatore dell'attenzione.
Qual è la differenza tra festival e stagione teatrale?
La principale differenza, sul piano organizzativo, è che in un festival bisogna affrontare diversi spettacoli contemporaneamente e quindi impiegare la squadra tecnica e le attrezzature su diversi palchi.
Quante persone lavorano a un festival come Vie?
Il numero di persone dipende da quanto è denso il programma e da che tipo di spettacoli prevede. Quando Vie festival è nato era diluito all'interno di uno o due mesi e gli eventi avevano una distanza tra l'uno e l'altro che permetteva di concentrarsi sui singoli spettacoli. Ora, invece, è necessario organizzare più scenografie contemporaneamente. I teatri di Modena e Bologna sono, in linea di massima, autonomi l'uno rispetto all'altro, pur confrontandosi su esigenze comuni e scambiandosi, quando necessario, materiali e personale.
Quanto tempo è necessario per preparare il festival?
La macchina di Vie è complessa e richiede una preparazione lunga. Questa edizione, per esempio, mi tiene occupato da prima di settembre, senza contare i sopralluoghi che ho effettuato in estate.
Il lavoro è tanto: bisogna inviare alle compagnie le foto degli spazi, allegando le misure e le piantine, ricevere le loro schede tecniche, capire le loro esigenze in termini di materiali e di personale e calcolare quali possono essere le difficoltà e le necessità in rapporto agli spazi messi a disposizione. Per esempio, le compagnie straniere hanno delle difficoltà legate al declivio dei palchi italiani - che è una nostra caratteristica e in alcuni casi, come per il teatro Comunale e il Teatro Storchi di Modena, arriva anche al 5% di pendenza. A volte, quindi, è necessario inventare un contro-declivio.
L'utopia sarebbe prevedere e evitare ogni problema, ma ci sono dei margini di imprevisto che ci richiedono di essere sempre pronti a improvvisare, mentalmente e materialmente.
Come è organizzato il vostro lavoro?
Quando si avvicina l'arrivo delle compagnie si creano delle squadre composte da elettricisti, macchinisti, fonici, esperti di video ecc... (il video, negli spettacoli di oggi, è quasi sempre presente, anche solo per i sottotitoli). Queste squadre vengono formate ad hoc, mantenendo fissa la maggior parte dei tecnici e aggiungendone altri, per qualche giorno, se ci sono più spettacoli concomitanti. Per fare un esempio, allo spettacolo Tristesse di Vandalem hanno lavorato sette macchinisti, quattro elettricisti, due fonici, un esperto di video e, in più, la crew della compagnia. Invece per L'Asta del Santo degli Omini solo stati necessari solo due macchinisti e due elettricisti.
La nostra squadra tecnica è composta, grosso modo, da una ventina di persone, quindi riusciamo quasi sempre a soddisfare le esigenze di un festival come questa dodicesima edizione di Vie.
Quali sono le attrezzature che si usano più spesso per allestire la scenografia?
Per esempio, il tappeto nero viene usato in primo luogo dai danzatori per avere presa sul suolo ma può essere utilizzato anche come elemento scenografico se il pavimento è troppo chiaro, come è avvenuto per gli spettacoli degli Omini. Ci sono poi il fondale, i "sagomatori", ovvero proiettori che disegnano delle forme, il "piazzato bianco", cioè un'illuminazione diffusa su tutta la scena e i filtri di conversione o "gelatine" che si usano per colorare le luci. Le attrezzature possono appartenere a un teatro o meno. Il materiale che non è di proprietà del teatro viene noleggiato dai service della zona o reperito anche più lontano.
Quali sono i vostri ritmi di lavoro?
I ritmi variano a seconda della programmazione. Quando gli spettacoli sono uno a ridosso dell'altro dobbiamo montare e smontare anche di notte. Per esempio, in questi giorni, dato che Santa Estasi e Aminta erano molto vicini tra loro, abbiamo smontato la scenografia di Santa Estasi e subito dopo abbiamo iniziato a montare quella di Aminta, lavorando fino alle 2 di notte. La mattina dopo abbiamo ricominciato, perché era necessario altro tempo. Per montare l'impianto scenico di Aminta, quindi, ci sono volute più di dieci ore. La squadra tecnica si trova a dover lavorare tantissime ore di fila. Se si stacca a tarda notte, la mattina a volte subentra un'altra squadra in modo tale da non incorrere in pericoli dovuti alla stanchezza.
Cosa pensa dell'esperienza complessiva del festival?
Penso che il festival sia utile per avvicinare al teatro anche le persone che non lo frequentano abitualmente, oltre a cui ci sono sempre anche gli spettatori abbonati o che seguono il teatro con regolarità. Personalmente ritengo che Vie abbia sempre avuto un bel programma e mi sembra che di anno in anno stia mettendo radici sempre più solide.
a cura di Natalia Guerrieri