L'avvento delle nuove tecnologie ha portato, oltre alle macroscopiche trasformazioni che hanno investito la vita quotidiana della parte più privilegiata del pianeta, anche alcuni slittamenti nell'uso comune di alcuni termini e del conseguente immaginario culturale che il loro utilizzo costruisce. Uno di questi piani sdruccioli è proprio quello che riguarda le abitudini associative e l'alone di senso che sta attorno alla parola tecnologia, in particolar modo quando viene riferita al campo musicale. Non è necessario essere addetti ai lavori o musicisti per rendersi conto che in questo ambito la parola tecnologia evoca immediatamente il digitale, con i suoi formati, gli strumenti, i dispositivi. Questo è ancor più vero restringendo il campo e pensando a uno scenario fatto di creazioni contemporanee che dialoga con i software audio più evoluti, che fa sudare i laptop sui dance floor, che costruisce sculture di bit.
In questo contesto diviene un dato da sottolineare che stasera sul palco di Ipercorpo suonerà un artista abbracciato a una chitarra elettrica, il più tradizionale degli strumenti rock. Si tratta di Stefano Pilia, un musicista eclettico il cui nome risuona con sempre maggior frequenza sul territorio italiano, e non solo, grazie alla sua attività di polistrumentista e compositore elettroacustico che lo porta a spaziare in diversi ambiti, tra cui anche la collaborazione con Cosmesi.
Per il suo live il musicista lavora innestando la chitarra e la sua effettistica tradizionale con le interferenze provocate dall'uso di radio e di registratori a nastro, oramai vestigia di un'altra epoca sonora. Grazie a questi strumenti e agli amplificatori della chitarra, Pilia mira a costruire degli ambienti sonori sviluppati attraverso una dinamica improvvisativa che il musicista ascolta e lavora in tempo reale. In questo modo le improvvisazioni sono fondate su un ascolto tradizionale che non si appoggia alla dimensione visiva permessa dai software audio, e sono lasciate libere di attraversare il caso e la bassa fedeltà per dialogare con l'errore insito nell'utilizzo di apparecchi analogici. I loop chitarristici modificati grazie all'uso delle altre sorgenti sonore, o viceversa, diventano testimonianza di una ricerca che continua a fare i conti con l'elemento tecnologico, ma lo fa riutilizzando gli effetti tradizionali e trasformandoli in strumenti veri e propri.