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Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


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''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


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La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


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Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


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Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


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Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


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NERO SU BIANCO - RECENSIONI > Dialogo su Candide di Teatrino Clandestino

Persona 1 Potremmo iniziare dicendo che Candide è innanzitutto uno spettacolo autobiografico, che utilizza una metafora chiaramente illustrata, “spiegata” sulla scena. Vengono attraversate quasi tutte le tappe del Candide di Voltaire, ma il protagonista in questo caso è evidentemente un artista. L’ultima immagine rappresenta il famoso orticello ed è molto interessante l’interpretazione del Teatrino Clandestino perché costruisce un quadrato 2X2 in cui viene rovesciata della terra. Poi viene aperto uno stendino con appese ad asciugare delle piccole magliette con scritti sopra tutti i titoli dei loro spettacoli. Un altro elemento fondamentale è l’accompagnamento musicale, perché si raccontano i percorsi di vita dell’artista, gli snodi e le temperature emotive del romanzo e tutto quanto sfocia in alcune domande abbastanza precise: cosa rimane? Cosa posso fare? Per adesso, è come se l’artista dicesse, mi tengo strette le mie opere.

 

Persona 2 Rimanendo sulla scena conclusiva, sembra quasi che i protagonisti vogliano mettere un seme nella terra… e da spettatore la mia sensazione è che lo facciano in modo un po’ troppo didascalico, forse non c’è bisogno di vedere la semina, il gesto pedissequo del seminare, la riflessione intorno all’atto del seminare. Dovrebbe essere l’opera stessa un seme che viene messo affinché l’orticello non si limiti davvero all’autoreferenzialità.

 

Persona 3 Il finale è certo un momento di svelamento, l’“affermazione” di tutto il lavoro. Però già a metà spettacolo può scattare l’intuizione che questo orticello sia in realtà presente fin dall’inizio, che sia la scena stessa, incorniciata dalla scritta “Il migliore dei mondi”. Quindi in un certo senso la conclusione a cui arriva “Candide/Bastardo” è anche il punto di partenza. Ovvero l’orticello che alla fine viene mostrato è il lavoro del gruppo (o di un “io” moltiplicato) che è avvenuto durante tutto lo spettacolo, perché la scena viene trattata veramente come un terreno da seminare, su cui intervenire.

 

Persona 4 In effetti c’è questo collegamento tra inizio e fine, la scena si restringe e questo permette poi di riallargarsi, di rifarsi “mondo”, ripensando a tutto il lavoro guardandolo al contrario. Al tempo stesso però non c’è forse una vera espansione, non si crea una relazione complessa con l’esterno.

 

Persona 3 La scena si restringe e questo non è probabilmente un dato solo grafico: attraversare il mondo porta Babina a formulare una riflessione di grande libertà sul proprio operare scenico, a confrontarsi in modo avventuroso e giocoso con tutta una serie di elementi. E tutto questo alla fine sembra rimarcare un posizionamento rispetto alle cose. È come se dicesse che non si può fare altro che lavorare sul proprio metro di terra, in modo forsennato e feroce, ma pur sempre in uno spazio molto ristretto, che è in fin dei conti l’unico che si può controllare e sul quale si può costruire qualcosa di personale (di cui possiamo dirci autori) e nel caso specifico si tratta del fare teatro, delle proprie opere. In questo senso credo sia un lavoro fortemente “affermativo” che abbia in sé molto coraggio e che però si ponga un limite. Quel metro di terra potrebbe dopo tutto rappresentare la propria tomba, mentre lo spettacolo su questo sembra non dare indicazioni, ponendosi in modo univoco.

 

Persona 1 Non avrei pensato alla forma della tomba, ma è interessante chiedersi come mai Babina abbia fatto una scelta così decisa. Forse questo metro di terra potrebbe non essere il metro che a noi interessa, forse è una terra su cui noi non potremmo stare. Allora si tratta di capire come su questo metro possa abitare anche un’altra persona perché il lavoro è ancorato senz’altro all’“uno”. Tutto questo è sicuramente importante, anche se poi è evidente che l’opera ha in un qualche modo il “diritto” di contenere dentro di sé il “mondo intero”: sta a noi poi scegliere se questo “mondo” ci va bene.

 

Persona 3 Forse “il migliore dei mondi possibili” va preso alla lettera proprio se riferito all’opera d’arte: in questo lavoro è contenuta in un certo senso la storia “in astratto” della modernità, in particolare si riflette su un certo tipo di educazione occidentale e borghese: dalla nascita dell’affetto, alla proprietà privata, alla violenza, all’ossessione, alla paternità…

 

Persona 2 Ma se queste riflessioni vengono esposte in modo troppo esplicito tolgono allo spettatore libertà: se mi viene tutto spiegato è una chiusura, non ho bisogno di vedere un metro di terra per pensare all’orto....

 

Persona 3 In questo senso parlavo di una via affermativa, è come se l’artista stesse spiegando la sua visione del mondo e soprattutto il suo posizionamento. Ne viene fuori poi un Risiko filosofico, un giocare a Monopoli con la storia della borghesia europea e tutto è estremamente esposto, a volte con un carattere fumettistico e con un’importante componente ironica.




LEGENDA

Persona 1_ Lorenzo Donati;

Persona 2_ Azzurra D’Agostino;

Persona 3_ Rodolfo Sacchettini;

Persona 4_ Tommaso Isabella


   

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