Mettiamolo nero su bianco: a questa edizione del Festival di Santarcangelo non sarebbe venuto nessuno. Operatori e osservatori avrebbero forse visto qualche spettacolo “mordi e fuggi”, rompendo la tradizione di sosta e partecipazione creata nel trentennio precedente. Anche noi non ci saremmo fermati. Troppi anni di cattiva politica e di deboli o inutili azioni culturali per poter partecipare ancora una volta a un festival sempre più triste e mortifero. La sconsiderata occupazione del presente da parte di una politica, che ormai pare interessata solo al mantenimento di se stessa e che non sembra pensare mai (MAI!) a quello che accadrà domani, ha dato luogo a un grottesco vuoto di potere. Pochi mesi fa il direttore in carica (Olivier Bouin, che non rimpiangiamo) dimettendosi, ha lasciato il festival nel più completo caos. Le assunzioni di responsabilità dovrebbero essere tante ed è inutile cercare un unico capro espiatorio, basterebbe alzare il coperchio delle malefatte per scorgere un vero e proprio gregge: “tutti colpevoli”, da consigli di amministrazione troppo dediti all'inseguimento di audience e mode, a enti locali fermi a una generica concezione di “teatro di piazza” (come fosse possibile con un balzo restaurare il clima degli anni '70), alla incapacità delle direzioni artistiche di segnare una terza via tra l'elitarismo snob così tipico dell'ambiente avant italiano e lo zelig dei nuovi circenses.
Ma qualcosa è successo. In questo clima di colpevole emergenza Sandro Pascucci e Sonia Bettucci (che hanno preso pro tempore la gestione) hanno chiesto una collaborazione ad alcuni gruppi presenti al festival e molto velocemente, in tempi strettissimi, si è formato un COORDINAMENTO di compagnie e realtà, intenzionato non tanto a salvare il salvabile, quanto a cogliere l’occasione di uno spazio fuori-controllo per provare a riflettere seriamente sul festival e il teatro. Perché se il Festival di Santarcangelo muore (vale a dire o scompare o compie una definitiva scelta di mediocrità), è un po’ peggio per TUTTI.
Abbiamo perciò deciso di partecipare, rimarcando però una distanza netta dal festival. Il foglio che avete in mano NON è il Giornale del Festival. È un foglio volante, autogestito, un’iniziativa del coordinamento, che vuole raccogliere, testimoniare, raccontare, criticare. Contribuiremo con le nostre forze, con le nostre capacità, perché consideriamo prima di tutto il Festival di Santarcangelo un “bene pubblico” e non un “bene privato”. Rivendichiamo dunque un LUOGO e tanti LINGUAGGI del teatro che non sono di proprietà né degli enti soci, né del consiglio di amministrazione, né del direttore artistico, provando a riflettere su un’idea possibile di comunità. In secondo luogo siamo convinti che non si tratti nemmeno di una questione patrimoniale, ma si debba guardare al teatro come uno spazio comune del futuro, come mobile serbatoio di immaginazione e diversità. Rivendichiamo dunque un rapporto sano con le istituzioni che hanno il DOVERE di sostenere le azioni meritevoli, quindi: niente elemosina, niente favori, niente ricatti, niente concessioni, niente assistenza.
Per adesso speriamo che il coordinamento POTERE SENZA POTERE rechi un segnale di diversità, sia una lanterna, una piccola luce, in altre parole l’occasione per una riflessione condivisa sul teatro, capace di aprire una breccia, di mettere in crisi e mettersi in crisi.
Oltre al foglio volante, in modo intermittente, cureremo una RADIO in Piazza Ganganelli per discussioni e riflessioni. Si parla tanto di riempire la piazza, di restituirle una funzione centrale durante il festival. Ma riempirla di cosa? E di chi? E soprattutto, a fare cosa? Noi proviamo ad abitare uno spazio pubblico nelle ore pomeridiane, cercando di costruire una trasmissione che possa essere un fecondo momento di incontro e sia in grado di innescare piccoli capannelli di curiosi e appassionati. Tutto verrà inserito subito dopo sul web perché è bene che le idee circolino e continuino a venir discusse.
Cosa accadrà in questo festival? Difficile prevedere, difficile immaginare. Forse nulla, forse qualcosa, ma almeno per questa volta, dopo anni di continua prevedibilità (con sorprese, quasi tutte brutte), possiamo dire che c’è un margine di movimento, di incolto, di inaspettato, che vogliamo difendere e goderci.