Quale è la differenza fra festival e fiera?
FB: Penso che sarebbe più eccitante essere in compagnia di altri artisti che lavorano insieme, poter avere uno scambio… Sarebbe bellissimo aver qualcuno con cui parlare. Oggi non c’è proprio nessuno con cui parlare. O forse sono sfortunato e non conosco quelle persone. Quelle che conosco hanno atteggiamenti molto diversi dai miei. Ma credo che in realtà gli artisti possano aiutarsi l’un l’altro. Possono reciprocamente chiarirsi la situazione. Ho sempre pensato all’amicizia come a una situazione in cui due persone si demoliscono a vicenda e forse in quel modo imparano qualcosa l’una dall’altra.
[…]
Purtroppo con molti di loro non posso farlo, perché perderei la loro amicizia.
{David Sylvester – Interviste a Francis Bacon, ed. Skira, p. 60-61}
Penso che sia importante partire da queste parole di Francis Bacon, raccolte da David Sylvester, per incominciare, ricominciare, riscrivere la parola “Festival”. Sono parole importanti perché, oltre ad individuare una possibile pratica e la sua problematica di attuazione, indicano un’esigenza del fare.
A questo proposito ritengo importanti due definizioni a me molto care: TESSUTO CONNETTIVO e CONVIVIO.
Il Tessuto Connettivo è la fascia che ricopre i muscoli, gli organi e le viscere. Riveste le cavità, forma tendini, legamenti e membrane. Crea un’unica rete che connette ogni elemento del nostro corpo in modo tale che ogni variazione in un singolo settore si ripercuote su tutto il resto del corpo. E’ una rete fondamentale per scambi di tutti i tipi, da quelli metabolici, a quelli neurologici.
Questo sistema ci consente anche di coordinare il movimento nello spazio con precisione ed armonia.
Convivio: pasto lauto e solenne a cui sono invitate più persone; - di scienza, di filosofia.
Ritengo che sia importante ripensare al concetto di Festival, al concetto di Teatro e di Territorio. Ritengo che sia importante costruire un Tessuto Connettivo tra diversi soggetti che condividono dei principi di rischio, di esposizione di fragilità, di confronto.
Mi piacerebbe che “festival” potesse essere un luogo e un tempo ospitale, capace di difendere un’idea orizzontale di comunione del pensiero, un luogo solido dove poter sovraesporre la fragilità artistica e il pensiero critico perché possano crescere insieme, rischiando, senza pensarsi più come prodotti ma come azzardi.
Vorrei che “festival” non fosse più sinonimo di “vetrina”. Non penso che un’attività culturale si debba occupare di commercio, altrimenti bisognerebbe parlare di “Fiera”. Il commercio dovrebbe accadere come conseguenza, come “errore” di calcolo, come “extra” rispetto ad un pensiero di convivialità.
Se si vuole parlare di “territorio”, forse è meglio pensare al “tessuto connettivo”. Più che ad una dislocazione geografica, ragioniamo su di una membrana capace di muovere i muscoli, ragioniamo su di un’idea, un progetto culturale capace di essere consigliere, visione e visionario, di essere portatore e creatore di pensiero e di attività . Un Tessuto Connettivo che si espone nel momento festivaliero ma che costruisce durante l’anno appuntamenti, laboratori, incontri, capaci di generare, difendere, mostrare, offrire, sprecare energie, intuizioni, rischi, convivi.
Convivio come luogo dove accantonare le formalità e le difese: permettere agli invitati di aprire il vaso di pandora dei dubbi, dei nodi dei propri percorsi, dei desideri non ancora raggiunti e realizzati, per metterli a disposizione del tavolo. Convivo come trampolino di “spreco” capace di far crescere un pensiero che, per sporogenesi, può diffondersi e “infettare”, lentamente, qualcosa di più grande, come una cultura collettiva.
Penso al Teatro come un luogo raccolto ma aperto: una casa senza serratura, ospitale, accogliente dove poter incontrare persone e oggetti meravigliosi e delicati che si espongono a tutti. Penso al Teatro come ad un nome capace di accogliere qualsiasi pratica artistica fuori dalle definizioni di genere (spesso commerciali e fieristiche). Penso al Teatro come tentativo per realizzare le ossessioni. Penso al Teatro come tavola imbandita capace di accogliere e condividere il pasto con chiunque desideri farne parte.
* Attore e danzatore di gruppo nanou, direttore del progetto Aksè