L’insieme dei luoghi dove si svolge il festival rivela di per sé la città che lo ospita. Nomi come quello della Colonia Reggiana, dell’Hotel Sixty, del Villino Monti, del Palazzo del Turismo già raccontano di Riccione, importante centro della riviera adriatica. Città di mare che ha conosciuto un veloce sviluppo nell’ultimo secolo, Riccione offre l’occasione per riflettere su alcune tematiche che interessano il presente e il futuro del nostro territorio, ormai parte di un sistema globale che riflette le sue dinamiche a livello locale.
La storia della riviera è quella di piccoli villaggi di pescatori che dall’inizio del novecento in poi conoscono sempre maggiori fortune grazie all’avvento dell’economia del turismo. Nei primi decenni del secolo cominciano ad essere costruite le case di vacanze, poi i primi alberghi e fino agli anni trenta si registra una crescita esponenziale delle strutture ricettive. Se Riccione alla fine dell’ottocento era solo un piccolo centro agricolo, diviene una località turistica molto importante nel giro di soli trenta anni. L’espansione urbanistica è inevitabile e molte cittadine nei dintorni di Rimini, Forlì e Ravenna divengono tra i poli turistici più importanti in Italia. E’ solo nel dopoguerra, quando il turismo diventa alla portata di tutti, che insieme agli alberghi vengono costruiti i luoghi del divertimento, le discoteche, poi i parchi tematici e i centri commerciali che se aumentano l’afflusso dei villeggianti, comportano trasformazioni urbane molto profonde.
Molti di questi nuovi luoghi del divertimento sono stati costruiti ai margini delle città, poiché le loro dimensioni erano divenute incompatibili con il contesto fino ad allora costruito. Poiché il boom edilizio ha riguardato tutta la costa romagnola, le periferie delle città sono andate sempre più avvicinandosi, tanto che oggi la riviera può essere letta come un'unica grande città del turismo da Ravenna a Cattolica. Percorrendo il litorale sulla statale adriatica si ha l’impressione di attraversare un’unica grande periferia, in cui le funzioni si mischiano in grandi contenitori accostati sul territorio in maniera non sempre congrua.
Nell’immaginario collettivo Riccione è la città del divertimento e lo è diventata in breve tempo, per le famiglie come per i giovani, la città in cui è possibile trovare la pensione a conduzione familiare come l’albergo di lusso, la trattoria tradizionale e i locali di tendenza. Conoscere le ragioni di un così rapido sviluppo è importante per comprendere le ragioni della perdita di relazione tra alcuni luoghi e il loro contesto. Negli ultimi anni le analisi condotte sulla globalizzazione e le sue ripercussioni sul territorio ci portano a riflettere come i nuovi processi di generazione urbana siano rintracciabili ovunque in occidente. La crescita economica genera trasformazioni che a volte il territorio non è in grado di assorbire in breve tempo, e si vengono a creare situazioni di conflitto tra i vecchi e i nuovi schemi urbani. I nuovi poli industriali, così come i centri commerciali o artigianali, non si integrano con il tessuto delle città, semplicemente convivono con esse. Il rischio che l’architetto Rem Koolhas individua nel saggio la città generica è quello di una città che si è eroicamente liberata dalla schiavitù del centro e dalla camicia di forza dell’identità. Il tema dell’identità è in questi anni di grande interesse: si riscontra una grande difficoltà a rintracciare il percorso di quelle scelte che portano alla costruzione della personalità di un individuo, discorso che può essere fatto anche per una città o per un luogo antropizzato in genere. Se un tempo gli edifici erano il risultato di tecniche costruttive tradizionali ed esigenze funzionali strettamente legate al territorio su cui insistevano, oggi non è più necessaria una stretta corrispondenza tra oggetto architettonico e il suo contesto. Proprio l’identità dei luoghi, quindi, viene messa a dura prova e una sfida di oggi è proprio quella di mantenere vive le tracce, quindi gli spazi e gli edifici, che rendono riconoscibili i nostri paesaggi.
In riviera le colonie, nate per rispondere ad una nuova forma di turismo assistenziale negli anni trenta, con il passare degli anni hanno perso la loro funzione originaria, sono state abbandonate e lasciate prive di una nuova interpretazione. La Colonia Reggiana, dichiarata patrimonio artistico e storico nazionale, in stato di evidente degrado, dimostra che il passato recente può venire assorbito solo a fatica negli ingranaggi dei nuovi sistemi urbani. Il linguaggio con cui erano state progettate le colonie ha radici nel razionalismo italiano che voleva coniugare valori nazionalistici con la logica strutturale dell’epoca della macchina. I temi industriali cari all’architettura razionalista hanno fatto delle colonie oggetti architettonici ben riconoscibili, divenuti parte dell’immaginario collettivo. La particolare collocazione di questi edifici, come anche la colonia reggiana costruita praticamente sulla spiaggia, li rendono ormai parte integrante del paesaggio della costa. Il loro abbandono è motivo da anni di dibattito, anche nelle amministrazioni consapevoli del valore storico che rappresentano. Le risorse da impiegare per il restauro sono difficilmente reperibili e i progetti di gestione di simili spazi sono difficili da applicare, nonostante le buone potenzialità che le colonie esprimono in termini di versatilità. Il fatto che questi edifici fossero costruiti ai margini delle città spiega anche perché sia stato più difficoltoso trovar loro una nuova destinazione con il trascorrere del tempo.
Il tessuto urbano di Riccione nella posizione in cui si trova la colonia si va perdendo, gli isolati regolari del centro non sono più chiaramente leggibili e persino la spiaggia si interrompe per lasciare un varco alla foce del Marano. Percorrendo le periferie della riviera ci si imbatte continuamente in quegli spazi interstiziali, tra un edificio contenitore e l’altro, quelli che Gilles Clément definisce il terzo paesaggio. In particolare questi luoghi vengono definiti residui, cioè spazi in attesa di una definizione, sospesi tra una passata e una futura destinazione d’uso. La città produce tanti più residui quanto più il suo tessuto è rado. I residui sono scarsi e piccoli nel cuore delle città, vasti e numerosi in periferia. Quando un luogo viene abbandonato o non curato dagli uomini la vegetazione prende il sopravvento, quindi i residui sono una risorsa per il mantenimento della biodiversità, nonostante spesso vengano considerati solo in quanto manifestazioni di degrado. Per una piena comprensione del territorio la lettura di questi spazi interstiziali è importante, soprattutto in un contesto come questo in cui sono ben visibili e assumono una grande rilevanza. Gli spazi esterni della colonia che verranno sfruttati dal festival, di una grande suggestione nonostante siano in evidente stato di abbandono, ben rappresentano i temi delle nostre periferie.
Il paesaggio urbano è sempre in evoluzione e, più o meno consapevolmente, Riccione si sta adeguando alle nuove esigenze del turismo. Oggi è necessario avere strutture ricettive che puntino a target ben delineati e che garantiscano un afflusso di villeggianti durante tutto l’anno. Tra i luoghi di questo festival c’è l’Hotel Sixty, che puntando ad una clientela giovane offre un aspetto accattivante sia negli interni che nella facciata su strada. La tipologia dell’albergo è ben riconoscibile dietro la facciata a disegno optical, ma sicuramente la nota più rilevante di questo edificio è la presenza di uno store di moda giovane al piano terra. Gli ingressi sono distinti ma accostati, si può fruire dei due spazi in maniera distinta ma il commerciale e il ricettivo sono in un unico edificio per attirare avventori che si riconoscono in un marchio. Sempre più spesso queste soluzioni sono adottate per rendere le strutture più competitive sul mercato. Anche il Block 60, nelle immediate vicinanze dell’hotel, adotta una strategia simile, sfruttando uno stesso spazio commerciale che offre diversi prodotti per lo stesso tipo di clientela. All’interno di questi edifici vengono ospitati anche eventi culturali, come dimostra la presenza del TTV, proprio per la loro vocazione divoratrice di occasioni e di eventi.
Il caso della riviera è emblematico per capire la portata della complessità delle dinamiche con cui il territorio si è trasformato nel secolo scorso e continua ad evolversi oggi. I luoghi del TTV raccontano la storia di un luogo interessante, vivo, pieno di risorse che non si arrende ad una facile lettura o interpretazione, ma affronta le sue contraddizioni.
Per approfondire:
Rem Koolhaas, Junkspace, a cura di Gabriele Mastrigli, Quodlibet, Macerata 2006;
Gilles Clément, Manifesto del Terzo paesaggio, a cura di Filippo De Pieri, Quodlibet, Macerata, 2005