La fotografia di Edouard Levé rappresenta un incredibile sistema linguistico per certi aspetti simile al meccanismo dell'eco. Ama le distanze e le tecniche di dissimulazione raffinate in cui un vago senso del mistero e del soprannaturale si intrecciano a un leggero quanto disperante umorismo.
Nel 1996 Levé si presenta con Portraits d'homonymes, lavoro che non solo inaugura la sua prima serie fotografica ma che potrebbe intitolare tutta la sua produzione, fino a Vivarium di dieci anni dopo. Nel primo cerca nell'elenco telefonico persone omonime a grandi artisti - Georges Bataille, André Breton, Eugène Delacroix, Yves Klein - li contatta e li fotografa; nel secondo fa interpretare a degli attori delle scene di vita quotidiana all'interno di una vetrina di un negozio che i passanti si fermano a guardare, incantati dalle coreografie. Questi due estremi fissano il percorso: una galleria di ritratti di anonimi-omonimi e una vetrina-specchio sulla vita quotidiana.
Fra queste due esperienze nascono altre serie fotografiche in cui l'artista continua il lavoro sulla parola in relazione all'immagine, oltre a sviluppare la tecnica della fotografia mises en scène. Nel giro di pochi anni, presenta la Série des rêves reconstitués del 1998-2000, Angoisse del 2001, Reconstitutions, di cui fanno parte Actualites (2001), Pornographie (2002), Rugby (2003) e Quotidien (2003), Trasferts del 2004, Autoportrait del 2005, Fiction e Amérique del 2006.
In Angoisse, vero e proprio prolungamento di Portraits d'homonymes, Levé gioca con il termine “angoscia” e vi associa delle immagini fotografiche “angoscianti” di una tipica cittadina francese, prendendo alla lettera la funzione nominale della fotografia. L'anno dopo scrive Œuvres: un catalogo di 533 progetti artistici, fra installazioni, dipinti, sculture, fotografie e video, che raccoglie i lavori che l'artista pensa ma non realizza. Si trovano modelli di progetti architettonici, filmati di persone che camminano per strada, un museo in cui le opere sono coperte da teli neri, un pittore che ricopia dei quadri astratti fatti da una scimmia.
Nello stesso periodo Levé inizia a lavorare alle serie dedicate alle “ricostituzioni”, in cui ogni fotografia nasce dalla messa in scena di situazioni ispirate a delle immagini preesistenti. Inizialmente affronta le immagini dei propri sogni mettendole in scena in studio, poi quelle prelevate dalla stampa cartacea di vario genere: cronaca, pornografia, sport. Il lavoro sui sogni, che confluisce nei Rêves reconstitués, rappresenta una tappa fondamentale. Con questa serie, Levé mette in moto il meccanismo ricostituivo che poi caratterizza tutto il lavoro successivo: «Ho scelto un mezzo, la fotografia, che duplica il vero, e non ho nulla da ritoccare. Si tratta di trovare, senza trucco, un equivalente fotografico della stranezza propria di un sogno, in cui si è di fronte a un enigma che si suppone possa essere risolto ma per il quale non riusciremo mai a trovare con certezza la soluzione».1
Quello che interessa all'autore non è un lavoro di recupero dell'immagine onirica ma il suo status di immagine mentale, ovvero “fatta a memoria”, tanto che prima di recarsi in studio, scegliere gli attori, i costumi e tutto il resto, Levé si dedica a disegnare questi ricordi concentrandosi sui modi con cui le persone comunicano e agiscono all'interno di un sogno. In queste fotografie non vi è nulla di spettacolare o di fantastico, domina uno spazio bianco, in cui i personaggi sembrano congelati, offrono dei volti inespressivi, in una situazione di completa sospensione.
Questa stessa atmosfera si ritrova paradossalmente anche nella serie Actualités, in cui la ricostruzione riguarda le fotografie di cronaca proprie dei giornali, “scatti” in cui solitamente i movimenti e le espressioni dei soggetti non possono essere controllati. Ma se in Rêves reconstitués tutta l'immagine ruota attorno alla costruzione di indizi - oggetti, abiti, gesti, posizioni – in Actualités vengono rimossi tutti i segni distintivi che caratterizzano le immagini di cronaca: data, luogo e identità dei personaggi. La scena suggerita dall'immagine di partenza viene completamente decontestualizzata, di essa rimangono solo i gesti, i vestiti e alcuni accessori che in questo nuovo quadro diventano veri indici di potere, degli «elementi semiologici»2 a tutti gli effetti. Anche in questa serie, Levé utilizza il disegno. Dopo aver visionato e classificato centinaia di fotografie di cronaca, disegna a memoria alcune immagini che diventeranno le fotografie finali. Ancora una volta l'intenzione di partenza non è copiare immagini raffiguranti degli avvenimenti particolari, ma piuttosto ricostruire degli “archetipi” fotografici, in questo caso di cronaca, partendo dalla semplice osservazione che la stampa riporta nuovi eventi ogni giorno, ma le fotografie che illustrano questi fatti si continuano ad assomigliare»3.
All'interno dell'immenso repertorio di immagini d'attualità, l'autore non sceglie mai figure di guerra, manifestazioni o incidenti, ma pacifiche immagini di protocollo. Per indagare l'iconografia del potere, Levé crea un contesto asciutto, poco accessoriato, in cui si avvicina come mai in altri lavori a quell'anestesia totale dell'opera tanto cara a Duchamp. I personaggi di Actualités, come nella realtà, sanno di essere fotografati e cercano di controllare l'immagine che danno di se stessi. Da qui nascono Le Conférence, L'Attente, L'Inauguration, La Visite officielle, L'Accord, La Déclaration in cui si possono osservare presidenti che si stringono la mano, segretari che si scambiano sguardi, conferenzieri annoiati e seriosi, brindisi aziendali e portavoce in conferenza stampa, tutti gruppi in cui sono strategici i rapporti di prossimità fra le persone, in cui il loro modo di occupare lo spazio è indice di potere o sottomissione.
In Pornographie rimane centrale l'intenzione di disattivare il significato e deriderne la funzione. Alcuni modelli perfettamente vestiti con anonimo gusto mimano pose esplicitamente pornografiche, mentre i loro visi non esprimono assolutamente nulla. Come per i politici e gli alti funzionari di stato, l'autore parte dalla stampa specializzata e segue un preciso protocollo iconografico lavorando con l'archetipo della scena di sesso: «Ho ristretto il campo pornografico a un scelta soggettiva di scene collettive eterosessuali, “classiche”».4 Non è la messa in scena dell'atto sessuale in sé ma direttamente della situazione pornografica. Si illustra un regesto coreografico dedicato alla pornografia classica in cui ogni gesto è “caricato” due volte, nella fotografia originale e nello studio dell'artista, con il risultato di sembrare ancora più raffreddato da questo nuovo sguardo fortemente pittorico di impossibili amplessi di gruppo. La situazione è senza via d'uscita: si è di fronte a un ossimoro fotografico»5.
Estensione naturale di questo lavoro è la serie Rugby, lo sport dove il contatto fisico è alla base della tecnica, in cui vi è una violenza latente e una connotazione erotica analoga, per certi versi, alla pornografia. Come sempre il lavoro inizia con una fitta documentazione. Levé cerca negli album delle squadre di rugby le immagini più emblematiche, le ricostruisce «disattivando il più possibile i segni di riconoscimento» lavorando «di sottrazione».6 I modelli scelti non hanno il fisico da giocatori, sono stati vestiti elegantemente e sembrano galleggiare su uno sfondo nero. Come sempre i loro volti sono impassibili. Il risultato è una serie di immagini di un'eleganza plastica assoluta e di una regia compositiva perfetta. La fotografia diventa un fermo-immagine ad alta risoluzione, un dipinto magistrale dal potere evocativo enorme che richiama alternativamente alla mente scene sacre, danze contemporanee, rituali di massa.
La scelta per una fotografia di messa in scena completamente purificata da ogni elemento estraneo al corpo dell'attore è confermata in Quotidien. Levé ricostruisce le fotografie pubblicate dall'omonimo giornale conservandone la coreografia generale e azzerando ogni indicazione utile a comprenderne il contenuto. Studiando le fotografie pubblicate da Quotidien, Levé si concentra sugli elementi «inutili»7, le imperfezioni, i dettagli banali e inspiegabili. Quello che lo interessa, in questo caso, è il meccanismo per cui all'interno della fotografia pubblicata domini un significato generale, dato dal testo, dal titolo o dalla legenda, a cui anche i dettagli più “sbagliati” si allineano.
Nel 2005 nasce la serie Autoportrait, una raccolta di frasi in cui l'autore si descrive psicologicamente e fisicamente senza seguire nessuna logica. In Amerique, dell'anno dopo, Levé fotografa posti banali di 17 cittadine americane omonime a famose città estere - Firenze, Baghdad, Parigi - in cui ritorna il meccanismo del primo lavoro sui volti di anonimi con nomi celebri.
Con Fiction coniuga la scrittura alla fotografia in bianco e nero: i modelli interpretano pezzi teatrali immaginari basati su sketches dello stesso artista. Attraverso il controllo plastico dei loro gesti, il loro modo di occupare lo spazio e il gioco coreografico dei movimenti, Levé costruisce una struttura aperta all'interno della quale l'osservatore può ipotizzare diverse trame e conversazioni. Conferma, così, una ricerca dedicata allo spostamento e alla variazione, anche minima, all'interno del quadro comunicativo comune dei giornali e della stampa, come dei linguaggi propri dell'arte, dalla performance al video.
Del resto, Fiction potrebbe appartenere a una ricostituzione, questa volta completa. Levé rinuncia al prelievo della parola dai quotidiani per crearla lui stesso e metterla in scena. Ogni elemento finge un'appartenenza, un'identità o per lo meno una certa familiarità con la forma narrativa. Le sue fotografie lavorano su un contenuto in qualche modo “già dato” in cui insinuare il dubbio e lo svuotamento del senso attraverso dei personaggi altrettanto “già fatti”, appartenenti a un universo doppio, di cui con certezza si può solo dire che «sono anonimi contemporanei, intercambiabili»8.
1 «J’ai choisi un medium, la photographie, qui duplique le réel, et je n’ai rien retouché. Il s’agit de trouver, sans trucage, un équivalent photographique de l’étrangeté propre au rêve, où l’on se trouve confronté à une énigme dont on suppose qu’elle peut être résolue, mais dont on ne connaîtra jamais avec certitude la solution», Edouard Levé in Recostituion, Éditions Philéas Fogg, Paris 2002.
2 Ivi.
3 Ivi.
4 «J’ai restreint le champ pornographique à un choix subjectif de scènes hétérosexuelles collectives «'classiques'», ivi.
5 Ivi.
6 Ivi.
7«En reportage, le photographe ne dirige pas les sujets. Certains gestes, certains personnages sont «inutiles»: quelqu’un est partiellement caché, tourne le dos, a un geste disgracieux ou inexplicable», ivi.
8« Ce sont des contemporains anonymes, interchangeables », ivi.
Edouard Levé è nato a Neuilly-sur-Seine nel 1965 e morto suicida nel 2007 a Parigi. Presente sulla scena artistica francese dalla fine degli anni novanta, ha esposto in numerose mostre collettive e personali. L'ultima è stata Edouard Levé (1965-2007), presso la Galerie Loevenbruck di Parigi. In Italia, è stato presente a Roma nel 2004 con la video performance Pornographie, nata dall'omonima serie fotografica, all'Auditorium per la musica e nel 2006 all'interno del Festival F.I.S.Co di Bologna con Rugby. Nel 2007 ha consegnato al suo editore il romanzo Suicide poi pubblicato nello stesso anno.
Monografie fotografiche: Amérique, Editions Janvier-Léo Scheer, Paris 2006; Fictions, Editions P.O.L, Paris 2006; Reconstitutions, Éditions Philéas Fogg, Paris 2003; Angoisse, Éditions Philéas Fogg, Paris 2002. Pubblicazioni: Suicide, Éditions P.O.L, Paris, 2007; Autoportrait, Éditions P.O.L, Paris, 2005; Journal, Éditions P.O.L, Paris, 2004; Œuvres, Éditions P.O.L, Paris, 2002.
Per approfondire:
Edouard Levé: du singulier au pluriel, di Evence Verdier in "Artpress", n. 327, ottobre 2006, Londra-Parigi;
Acting the Part: A History of Staged Photography, Pauli Lori, 2006;
http://www.loevenbruck.com/artist.php?id=leve