Cosa ti ha spinto a intraprendere questa pratica corale, il Feral Choir? Perché la parola Feral?
Una volta, dopo un concerto, qualcuno mi disse: “Mi sono divertito molto, è stato un evento ferino”. Non avevo mai sentito prima questa parola. Allora sono andato a cercarla e, leggendo sul dizionario, la voce feral riportava queste parole: “ritorno a una condizione naturale dalla cattività” e ho pensato che è proprio quello che pratico ogni volta con la voce. Non avevo mai pensato a questo stadio primario, probabilmente perché sono cresciuto all’interno di una concezione occidentale della musica. I miei genitori erano cantanti e si esibivano in chiesa e io stesso cantavo gli inni, ho così imparato il linguaggio musicale colto; ma nulla era come ascoltare il jazz, un linguaggio davvero hard, come la musica di John Coltrane: è così eccitante, ferina appunto. Coltrane ha attraversato tutte le culture. Lui era brillante, un genio, probabilmente il più importante talento musicale del ventesimo secolo. Era fantastico, un grande eroe. Coltrane sembra spingere la musica ai suoi limiti estremi. Penso che stesse andando in questa direzione, ferina, come fanno ancora alcuni sassofonisti contemporanei; credo che molte delle mie influenze musicali provengano principalmente da questi musicisti.
Perché hai scelto la voce umana piuttosto che uno strumento?
Ogni voce è differente, unica: le possibilità sono infinite; è come avere più colori con cui dipingere. Non si può andare in un negozio per comprare una voce. La voce è invendibile, irripetibile, preziosa, come il suono del canto di un bambino.
Cosa significa per te il silenzio, la pausa in musica?
Spazio. La musica si crea e accade nello spazio tra una nota e l’altra. A mio avviso la musica non dovrebbe essere solo un flusso continuo di suoni, come invece avviene nella musica sinfonica, nella musica pop o quando ascolti un sassofonista che usa la respirazione circolare: lui può non interrompere mai il suono. Io invece prendo sempre fiato.
Credi che il suono possa creare un’immagine, una visione? Possiamo vedere attraverso il suono?
Io tengo sempre gli occhi chiusi quando improvviso e di solito vedo forme molto astratte che si intersecano, ma non si può rimanere fermi su un luogo astratto per molto tempo: istintivamente le forme si trasformano in immagini, che però io non associo mai a dati emozionali, sono piuttosto ricordi, imitazioni.
(a cura di Costanza Alegiani)