Le mie macchine sono molto delicate, il semplice fatto di spostarle da un luogo all’altro per una performance causa dei cambiamenti. Arrivato qui ho dovuto rimetterle a posto e, nonostante tutto, qualche suono non sarà più lo stesso. La casa in cui avviene il mio concerto ha un carattere molto forte, molto femminile. So che questo è in grado di influenzare fortemente la percezione della mia musica nello spettatore, ma va benissimo così. Non suono per produrre un effetto prestabilito. Sono dispostissimo ad accettare tutte le interpretazioni e mi interessa molto riuscire a comprenderle. La mia performance, qui a Santarcangelo, è sempre diversa: prima di tutto perché rielaboro ogni volta in maniera differente le varie parti della mia composizione. L’altro fattore determinante è ambientale: assistere a Felix Machine con la luce o con il buio è un’esperienza completamente differente. Felix Thorn

Felix Thorn ha costruito le sue macchine in una stanza da studente a Londra. Prima d’ora non le aveva mai portate ad esibirsi in un ambiente caldo e familiare, simile a quello in cui sono nate. I suoi spettacoli si sono sempre svolti in luoghi profondamente diversi: le gallerie d’arte.
Entrare in questa casa di fiaba, adagiarsi sui cuscini ed ascoltare nel buio queste macchine suonare può essere un’esperienza estremamente dolce e rassicurante.
Strano. Felix definisce la sua musica “elettronica hard-core”.
Tornare ad adagiarsi sugli stessi cuscini, questa volta con la luce che filtra dalle finestre e la composizione rielaborata può essere, al contrario, un’esperienza inquietante. Basta che il ritmo sia più serrato, che le percussioni si facciano sentire di più. Se nel buio - più rilassati, rapiti dalle luci colorate che accompagnano le note, coccolati dai ritmi tranquilli - si può immaginare d’essere nella casa dell’infanzia, allo stesso modo, con la luce che filtra dalle finestre, si riesce a percepire il mondo che spinge per entrare: un mondo caotico, rumoroso, produttivo, meccanico. Sarah Perruccio