LUOGHI > Dilata Interiora - Filippo Tappi
Non so cosa ho per le mani. E’ una condizione che mi porta ad avere sempre fame da male alla pancia. E’ una ricerca disperata, questa. E’ una ricerca folle, perché incredibilmente enorme. Il buio completamente puro che come un gas satura ogni luogo, nella mancanza di colore stesso che si impone, destruttura la stessa fisiologia della visione che con noi si è creata. Annienta qualsiasi certezza percettiva. Anche i sensi che sembrano improvvisamente
esplodere, come l’olfatto o l’udito, in realtà non fanno altro che insinuare la sensazione di dubbio, ricorrendo più ad una “salvifica memoria sensoriale” che una effettiva realtà.
Come se l’oscurità inghiottisse in sé un’essenza viva di noi, ponendoci nella condizione di poter essere nuovi, certamente, ma fluttuanti in una dimensione schiacciante, sia nell’incanto che nel terrore. Filippo Tappi
Nel buio vado a sbattere contro qualcuno. Ma questo sbattere, cos’è. Se non so più nemmeno dove, come sono messi i miei piedi. E le mie mani, le ho ancora? Sono così sicura di rispondere “Sì”? Che contatti sono quelli che avvengono in un buio puro? Si possono ancora chiamare così? Cosa sono. E’ forse il mio corpo che avvertendoli impazzisce? La dilatazione dei corpi, ora senza più confini e svuotati di ogni materia mi fa tremare. Come posso, in questa condizione che mi si impone, non pensare agli uomini primitivi prima del fuoco? Come posso non pensare che sia una congiunzione perfetta con una realtà “divina” assurda. Un luogo attraverso il quale si “entra” direttamente e violentemente nel divino. Mi trovo così a toccare le pareti di quella che penso possa essere una stanza, sfiorare fili che la mia mente cerca di congiungere all’idea di capelli di una persona sconosciuta che mi passa a fianco, interpretando il mio tatto incerto come una grande carezza alle viscere di un dio scuro. Teodora Castellucci