BIOGRAFIE > Movimento pubblico. Public Movement
Per la rubrica biografie abbiamo incontrato alcuni dei componenti dei Public Movement (Karmit Burian, Saar Szélrely, Hogar Ophir e Rachel Hagigi) per scoprire qualcosa di più su questa formazione, rispettando la scelta dei fondatori di non rilasciare interviste.
Tel Aviv, novembre 2006. Due auto investono dei pedoni a un incrocio: Accident. Tutto si blocca per un minuto: i corpi inermi a terra, le auto ferme sulle rispettive carreggiate e i passanti, immobilizzati sul marciapiede; l'ingranaggio si è inceppato e l'incrocio è, ora, come il punto morto della catena di montaggio. Il linguaggio stradale va in scacco, scontrandosi col suo errore: il sistema chiuso percepisce la rottura ma non sa come codificarla o risolverla, ne percepisce il pericolo, la minaccia che incombe dall'interno. Il risultato è vero, ma l'incidente è finto: in questo paesaggio fisso di occhi sgranati, i due uomini investiti si alzano di scatto, ripartono, le macchine cominciano a scorrere di nuovo, i passanti, lentamente, tornano a fluire. La falla torna coperta, nascosta, ma ora, forse, ad accompagnarli c'è un ronzio di fondo, una scheggia di paurosa consapevolezza. Accident è la prima azione sociale di Dana Yahalomi e Omer Krieger, da quello scontro sono nati i Public Movement, la cui ricerca ha allargato sempre più i suoi orizzonti, fino a Spring in Warsaw - A walk through the ghetto, Performing politics for Germany e Also Thus!, che verrà presentato a Santarcangelo nei prossimi giorni insieme a A short drive around Santarcangelo. La loro educazione artistica, anche se costruita all'interno di scuole europee, non si distanzia dalle sensibilità e problematiche che caratterizzano la scena israeliana. Omer, dopo essersi laureato in filosofia a Tel Aviv, si è trasferito a Londra per approfondire una sperimentazione artistica alla Slade School of Fine Art. Il suo interesse si concentra soprattutto sul rapporto tra arte e media, e lo sviluppa lavorando al Tesla Berlin (laboratorio di arti multimediali) e insegnando "Arte, media e spazio pubblico" al Kalisher College di Tel Aviv. Molto più teatrale è, invece, la preparazione di Dana Yahalomi, che, dopo aver studiato all'accademia sperimentale di danza a Salisburgo, ha lavorato con le maggiori coreografe israeliane, la cui influenza si ritrova esplicitamente nei lavori dei Public Movement. L'espressività del corpo e la relazione col paesaggio urbano vengono sviluppati da questo gruppo in una prospettiva politico-estetica: il modo in cui l'uomo si relaziona con il luogo pubblico è un linguaggio sociale determinato storicamente, è una convenzione fisica sotto la quale si nascondono il potere, la violenza che caratterizza i rapporti umani. L'obiettivo è prendere sulle proprie spalle questa prassi per sovvertirla.
Nonostante le difficoltà economiche e politiche in Israele, la voglia di esprimersi artisticamente ha accresciuto il gruppo di lavoro col quale studiare le potenzialità che lo spazio sprigiona a seguito dell'atto performativo. Per quanto la struttura della compagnia potesse rimanere verticistica (ci sono due leader), con ogni nuovo attore si aggiungeva un nuovo punto di vista, una nuova prospettiva, una diversa forma mentis: collaborano insieme attori, filosofi, fotografi, danzatori, ingegneri, non disposti a omologare il loro pensiero sulla base di un rigido schema concettuale, mantenendo la diversità delle idee politiche, etiche, religiose. I Public Movement creano un gruppo d'indagine sulle possibilità politiche ed estetiche di una performance in un luogo pubblico. Vogliono carpire il linguaggio segreto, il potere nascosto degli spazi, impossessarsi e applicare questi codici torcendoli fino al punto di rottura tramite azioni sociali. Also Thus!, ad esempio, è un evento collettivo, una marcia che richiama l'estetica militare, ma decontestualizzata. Muovendosi sul confine tra verità e finzione, costringe il pubblico, con la sua semplice presenza, ad assumere una posizione critica, un punto di vista diverso: "Noi siamo un oggetto nella testa delle persone, siamo una domanda che si pongono quando ci vedono fare quello che facciamo, siamo un modo di pensarci come gruppo, come partecipanti alle cerimonie, o per reagire alla polizia, alle paure". Ogni azione è uno studio che non parte da una domanda definita, ma vuole suscitarla per analizzare le risposte del pubblico: non è importante, quindi, che esso si riconosca rappresentato e si distacchi da sé, né che da estraneo giudichi, basta che abbia una reazione, che partecipi, che si relazioni con l'evento, anche col significato più immediato, più vicino alla propria individualità. Da questo la scelta forte di non parlare delle proprie opere: diverso è l'Also Thus! fatto a Berlino da quello fatto a Tel Aviv o a Santarcangelo, non solo per gli elementi dello spettacolo che variano in relazione al paese, ma anche per il diverso immaginario collettivo che appartiene alle diverse popolazioni.
Le capacità politiche di un'azione artistica non si sviluppano stando con le persone né con il potere, non con i dimostranti né con la polizia. I Public Movement lavorano sul limite, sul confine, per mostrare la violenza annidata in ogni linguaggio sociale, dietro ogni trionfale carro del vincitore.
a cura di Matteo Vallorani, laboratorio Per uno spettatore critico, Santarcangelo 40
COMPAGNIE