RECENSIONI > Crimini senza reati. Enimirc di Fagarazzi & Zuffellato
Chi siamo, noi spettatori? Dovremmo individuare differenti gradazioni, fra chi semplicemente assiste a qualcosa che non lo riguarda (cioè tutti, tutti i giorni, a diversi livelli quotidiani, pubblicitari e di consumo) e chi partecipa attivando azioni oltre lo sguardo. Enimirc di Fagarazzi & Zuffellato abborda un altro lato della domanda, virando verso il desiderio di partecipare, la necessità di protagonismo, l'ossessione di presenziare. Da spettatori diveniamo figure agenti al grado di marionette, esecutori di ordini inscritti in una trama del crimine che si decide di non sciogliere. Agiamo spinti, perché questo è il patto che si stringe entrando, pedine di un meccanismo che poco rischia perché non si mette in discussione. Quale il rovescio, il punto di rottura, della "partecipazione"? Quali i margini di crisi del dispositivo e gli spazi di libertà per noi? Insomma, cosa ci viene chiesto? Poco o nulla, perché del plot evocato programmaticamente si elidono gli indizi. È reato raccontare, a teatro? Forse, ma senza racconto non c'è crimine che tenga. Resta il piacere del gioco? Solo a tratti, perché la domanda «C'è libertà di espressione in questo spettacolo?» accenna voragini di complessità, e proprio al teatro chiediamo di assumerla, non solo dirla, la complessità.
Leggi anche la recensione scritta dopo la seconda visione, avvenuta a Bassano, settembre 2010
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