RECENSIONI > Aprite il fuoco. Also Thus! di Public Movement
Uomini e donne in uniforme marciano, netti e lucenti, sotto una bandiera che sancisce la loro unità, la loro appartenenza allo stato. Freddi e taglienti violentano il pubblico, il singolo e chi non è disposto ad annullarsi a favore della comunità. I Public Movement, con Also thus!, rappresentano la società come arma bianca in mano al potere contro l'autonomia dell'individuo. In una strada sfavillante di fuochi e fari accesi, la parata s'impone allo sguardo, nelle pose marziali, nei gesti solenni, nelle perfette simmetrie; ma nulla delizia l'occhio, la bellezza è mortificata: risplende solo nelle forme metallizzate, impersonali e crudeli dell'auto "diplomatica" che abita la scena. La tensione cresce, così, senza valvole di sfogo, e torce le viscere. Ogni rapporto è una lotta bestiale per far soccombere il prossimo nell'umiliazione sessuale, e la sicurezza che lo stato offre vuol dire disporsi a essere annichilito, investito dall'autorità. Questa è la trappola, il cerchio chiuso, girotondo dal quale si esce solo per morire nell'indifferenza: il potere è una macchina dai vetri oscurati colma di cadaveri. Quando la cerimonia finisce, nelle casse non risuonano più i Rammstein, ma canzoni popolari. Gli attori strappano via le camicie, invitano il pubblico a ballare. La tensione si spezza, si torna alla vita; ma quanto può essere liberatorio muoversi su coreografie prestabilite, illuminati dai fari dell'auto presidenziale, all'ombra della casa del fascio?
Matteo Vallorani
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