RECENSIONI > Luce e tempesta. Pletora. Il Dono e (S)wing di Zapruder
Nel buio, un'apertura luminosa sui sogni di qualcun altro, un passaggio misterioso dello sguardo verso l'inconscio di un estraneo. Il voyeur spia dal buco della serratura. Chi è fuori dalla porta dell'immagine può giudicare, razionalizza i processi inconsci che gli si mostrano, ma perde se stesso: chi assiste a Pletora. Il Dono sceglie la protesi, il medium senza il quale non potrebbe vedere il film anaglifo, ma con il quale distorce la propria realtà. Per arricchire l'immagine di profondità (pletorica?), gli Zapruder sono costretti a mettere a rischio la possibilità stessa della visione. Le immagini, seppur momentaneamente re-suscitate da un suono, muoiono nella nera indistinzione.
Effetto farfalla: una minima variazione nell'universo, un fruscio, può essere all'origine di un grande cambiamento. Zapruder orchestra un concerto d'ali in vetrina: (S)wing è un diorama, una teca illuminata nel buio della sala, che contiene un frammento fantastico di foresta, una diramazione di microfoni, sulla quale si posano decine e decine di piccoli uccelli. Amplificati, i lievi rumori che producono creano partiture sonore che, aggiungendosi l'un l'altra, scatenano piccole bufere a confondere la percezione, in uno scambio continuo tra vista e udito. Fino al frastuono finale, quando le ali, ai nostri occhi, diventano i turbini di una tempesta in gabbia.
Matteo Vallorani e
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