«La mia generazione ha perso» e quella nuova non ha interesse a riprendere in mano la partita. L’intransigenza di Gaber e la sfrontatezza delle “nuove proposte” si sfiorano senza guardarsi in faccia. Esiste un territorio comune nel quale poterle confrontare? Un pianerottolo tra la scala che sale e quella che scende? Se qualcuno avesse da dire qualcosa che non sia «Pensa», «Io canto» o «Ti regalerò una rosa», si potrebbe forse parlare ancora di bombaroli, facce in prestito e matti dal cuore sprecato, che a dispetto della loro età sono certamente più attuali. La cronaca parla di adolescenti che si aggirano tra casa, scuola e strada con malanimo e impotenza, ragazzi che aspirano a un palcoscenico digitale e all’abbandono definitivo di case e quartieri.
Ma non può essere solo questo: esistono senz’altro minoranze che annegano, che cercano altri interlocutori. Questi si ritroveranno a manifestare le proprie contraddizioni, incapaci di proporre soluzioni, incoscienti e ignoranti di certi luminosi esempi del passato recente che gli hanno aperto la strada, una generazione che ora sopravvive tra difficoltà di cui non sono direttamente responsabili.