Due pedine mosse lentamente su una scacchiera bianca e nera. Il focus è su due riquadri, metallici, che stridono al movimento di chi gioca. I due avversari si fronteggiano per 35 minuti, magnetici e impassibili. Hiroaki Umeda, in Duo, ha scelto di mostrare il proprio doppio, quella sagoma ridisegnata su una videoproiezione che vuole sfondare lo schermo.
Il danzatore, con le spalle a un fondale bianco, si ritaglia un raggio d’azione minimale, lascia che il movimento si esaurisca in quello spazio, si dà dei limiti che non gli consentiranno di vincere la partita.
L’immagine nera sullo schermo alla sua destra è potente, rasenta l’irriverenza: si moltiplica, si ingrandisce, come un loop a tratti impazzito. Poi ritorna nitida e univoca. Lo sguardo è attirato dalla pelle umana, ma la forza dirompente della proiezione sopraggiunge inevitabilmente: l’intenzione è dichiarata, la pedina virtuale si inchina in segno di coronamento.
Hiroaki si fa artista concettuale e sceglie come operare. In uno spazio misurato e vuoto e in un tempo perfettamente studiato, intende “sconcertare” il punto di vista, lasciar scegliere all’occhio dello spettatore. Frequenze che scandiscono il ritmo e giocano sull’alternanza del rumore e del silenzio, diventano pentagramma della partitura corporea del performer, che percorre break dance e hip hop, per frantumarsi in un linguaggio assolutamente personale.
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