L’ultima cosa che ricordo dello spettacolo Cédric Andrieux è il danzatore fermo, rivolto verso il pubblico che ci guarda uno a uno; in sottofondo Every breath you take dei Police. Come quel gioco che facevamo da piccoli, guardandoci fissi negli occhi aspettando che il primo scoppiasse a ridere. L’abbiamo fatto insieme. Un’azione semplice, tratta da The show must go on (2004) un lavoro precedente di Jérôme Bel, che inserita in questo spettacolo mostra un punto di arrivo del percorso personale di entrambi gli artisti. Il coreografo francese ha portato in questo festival lo spettacolo dedicato alla vita di Cédric Andrieux, interprete di se stesso. Attraverso la storia personale del danzatore, Bel ripercorre uno spaccato di storia della danza contemporanea; una scelta specifica della quale il danzatore si fa testimone diretto, con un linguaggio unico fatto di danza e teatro.
I ricordi di Andrieux sono tradotti dall’inglese in italiano e proiettati come sottotitoli su uno schermo: a narrarli è la sua stessa voce priva di enfasi. Il tono è semplice e naturale per tutto il racconto e il discorso, punteggiato da pause, aiuta il pubblico a costruirsi una scenografia immaginaria che dà forma ai suoi pensieri nel teatro spoglio. Ai momenti di pura narrazione si alternano le dimostrazioni pratiche. Le parole lasciano il posto alla danza: nel silenzio, il danzatore si esibisce per noi; si odono soltanto il fruscio dei piedi sul legno, il respiro affannoso amplificato dal microfono, la concentrazione e la fatica che diventano assordanti. Dal saggio dell’ultimo anno di Conservatorio, attraverso il lavoro sfiancante con Merce Cunningham, alle coreografie di Trisha Brown e infine a quelle di Jérôme Bel, Cédric Andrieux ci racconta la storia della danza contemporanea vissuta sulla propria pelle, attraverso delusioni, motivazioni e aspirazioni. Tutto ciò rivive negli estratti coreografici di spettacoli da lui eseguiti negli anni precedenti e negli esercizi degli allenamenti. Gli abiti rievocano il suo passaggio da una condizione di costrizione del corpo alla libertà (dall’accademico ai jeans e maglietta).
L’artista si guarda dentro, ripercorrendo la propria storia e tutte le scelte che ha fatto, si interroga su come queste lo abbiano cambiato e insieme a lui, sul palco, cambia anche la danza. Questo percorso, nel quale Jérôme Bel e Cédric Andrieux hanno deciso di includerci, porta fino all’annullamento del movimento ridotto alla semplice azione di guardare il pubblico. Nell’essenzialità del movimento sperimentata prima con Trisha Brown e poi con lo stesso Bel, Andrieux ritrova una dimensione adatta al suo corpo.
Nella riflessione del danzatore il pubblico è invitato a riconsiderare il proprio ruolo, non dato per scontato, e a costruire insieme un senso comune intorno al teatro. Così, mentre qualcuno nell’ultima fila reprime un colpo di tosse per non rompere la magia, sul palco Cédric Andrieux crea qualcosa di meraviglioso. Quando esco dalla sala, so che qualcosa è successo.
Giulia Bravi (laboratorio Per uno spettatore critico)