Il confine come fil rouge. In attesa delle ultime repliche di Partituur di Ivana Müller e di The forgetting of air di Francesca Grilli, riflettiamo sulla serata d’apertura di venerdì. Gli spettacoli di Boris Charmatz Danse de nuit e della stessa Müller Edges ci portano a un nuovo tipo di consapevolezza: essere pubblico, ma anche ‘in pubblico’. Charmatz sceglie la piazza, mentre la Müller il teatro. Il primo decide per l’aggregazione di sei corpi in movimento impegnati in improvvisazioni verbali in cui lo spettatore attivo, spaesato e distratto è costretto a scegliere il danzatore che agisce. La seconda costruisce una narrazione a episodi con un gruppo di performer e una voce fuori campo, invitandoci a riflettere su quanto labile sia ogni confine. Entrambe le performance sono accomunate da una visione 'debole' e distratta, tipica dell’individuo di oggi, costretto a fare i conti con processi sociali eterogenei e compositi.
Stare sul confine: sembra questo l’invito che Charmatz e Müller ci pongono. L’artista francese per portarci sul limite opta per la sperimentazione corporea e mentale in un tentativo continuo di affermazione del sé. L’artista croata, invece, si orienta piuttosto verso una salad bowl fatta di svariati piani che si intrecciano (forse anche troppi). In Charmatz accettiamo di porci sulla zona liminare, tanto da farci spostare a suon di «move!», perché guidati da ‘guardiani di confine’ (gli interpreti), mentre nel lavoro della Müller ci distraiamo eccessivamente, impegnati a decodificare tutti i piani. Per i due artisti stare sul margine significa vedere più cose del mondo e capirle, percependone la complessità. Edges ci consegna labili confini risultando però un viaggio senza guida, Dance de nuit è un percorso iniziatico che porta a ripensare a una visione sul mondo con una nuova consapevolezza.
Alessia Ronge - Laboratorio "Per uno spettatore critico"