Interviste, recensioni, approfondimenti, interventi dal laboratorio di giornalismo "Per uno spettatore critico", in diretta da Contemporanea Festival a Prato dal 23 settembre al 2 ottobre 2016.
Uno spazio spoglio, un pavimento bianco su cui si riflette una luce artificiale abbagliante e risuona una voce ridente. Così si presenta la scena quando varchiamo la soglia dello spazioK. L'artista Chiara Bersani ha aperto lo spettacolo Everthing is ok con una formula di intrattenimento e presentazione ironica e destabilizzante. La voce ci invitava a prendere posto per assistere a uno spettacolo "strabiliante", preparandoci alla visione di ciò che avremo potuto vedere. Si tratta di un breve prologo intitolato Le Prove aperte per la cerimonia di apertura di Everyting is ok, realizzato per l'occasione e per il nuovo progetto The Olympic Games, che debutterà nella primavera del 2017, firmato da Marco D'Agostin e C. Bersani.
«L'idea è nata da me e da Chiara Bersani» - ci racconta D'Agostin - «The Olympic Games è la nostra prima vera produzione europea diretta da entrambi e prodotta da K3/Kampnagel di Amburgo e BeSpectACTive. La riflessione che ci ha spinti a realizzare il progetto riguarda come il formato delle Olimpiadi possa prestarsi per tradurre una serie di questioni per noi molto vive, legate al sogno tramontato dell'Europa e al sogno tramontato della nostra generazione rispetto all'Europa. Nel lavoro sulle Olimpiadi stiamo lavorando sulla Cerimonia di apertura come momento di esaltazione del pubblico, ci siamo inventati questo breve formato, in cui Chiara proverà a preparare il pubblico all'inizio del mio spettacolo. È un'occasione per noi utile per sperimentare un meccanismo che nel lavoro completo The Olympic Games avrà una sua forma più compiuta».
Il pubblico è invitato a entrare "chiamato" da una che assomiglia a quella di una "speaker circense", creando un clima di festa e intrattenimento iperbolico: «L'idea è scoprire come il pubblico possa relazionarsi con ciò che vede o sente». Quando la voce termina il countdown per l'attesa dello spettacolo, sulla scena rimane un eco, un vuoto di un'attesa insoddisfatta. Dopo qualche istante entra D'Agostin, in camicia hawaiana e bermuda, fermandosi davanti al pubblico, immobile. Canta, recita parti di frasi, brani musicali, spot come uno zapping su diverse frequenze e media. Prosegue poi con una serie di movimenti ripresi dalla quotidianità, uniti a lavori di floor work, danza contemporanea e hip hop in sequenze dinamiche e continue, senza pause, su una musica elettronica di LSKA, che uniforma la performance. Prosegue D'Agostin: «Il lavoro è composto da un flusso ininterrotto di movimenti tratti da forme di intrattenimento prelevate da youtube, senza distinzione di epoca. Se ciò viene portato all'eccesso e trasferito nel corpo in un certo modo, prima o poi sono sicuro che il pubblico si stancherà di guardare e sono sicuro che nel momento in cui questo succederà inizierà a vedere qualcosa di diverso. Questa è la mia ambizione più grande». L'idea del lavoro-esperimento è esplorare il tempo condiviso tra lo spettatore e il performer, creando un «macchinario per l'intrattenimento in grado di risarcire la stanchezza. Oggi viviamo in un'epoca in cui non ci concediamo l'inattività, siamo alla rincorsa frenetica di una realizzazione performativa di noi stessi, senza la possibilità di abbandonarsi alla "stanchezza". La tesi di studi in neuroscienze e filosofia socio-politica, riguardante i fenomeni di iperattività del cervello umano, unito al testo di Peter Handke Saggio sulla stanchezza, mi hanno permesso di indagare i momenti di inattività della mente, momenti necessari a livello biochimico per permetterci di mettere in relazione gli avvenimenti ed essere creativi. Everthing is ok, permette agli spettatori di cambiare prospettiva sul mondo e guardarlo in modo diverso».
Lo spettacolo resta però un'esperienza soggettiva per ogni spettatore, e questo ci fa chiedere se la stanchezza possa essere percepita da tutti in egual modo o se possa sconfinare in altro. Resta una sfida aperta.
Marta Sbranti - Laboratorio per uno spettatore critico