Contaminazione.
Pongo una domanda, per poi viverla nel corpo. Le mie creazioni implicano una riflessione critica da parte mia, determinata anche dalla mia formazione in campo filosofico, che incontra poi la dimensione fisica. La risposta parte dal corpo, ma allo stesso tempo spesso è suggerita da altri codici, da altre discipline, da altri processi di risposta, che possono derivare dalle arti plastiche come dalla poesia.
Eppure le mie pièce sono sempre danzate. Non mi riconosco nella definizione ‘non-danza’ proposta dalla critica francese per la coreografia contemporanea, da Xavier Le Roy a Jérôme Bel, o Christian Rizzo.
Oggi la danza ha frontiere fluide.
Il mio lavoro intreccia un rapporto privilegiato con le arti visive e con i suoi processi di fabbricazione dell’oggetto artistico, e continuerò a sperimentare l’incontro fra coreografia e arti plastiche. Allo stesso modo molti artisti approfittano di tutte le possibilità della performance dal vivo senza limiti che dipendano da definizioni canoniche. Alcuni sono approdati ad ambiti diversi, pur articolando partiture coreografiche per elementi disparati, dall’installazione sonora al video, o al concerto, come nel caso di Claudia Triozzi, che è ‘coreografia’ per personaggio, voce, spazio.
I confini fra categorie artistiche franano. Non saprei dire se è il futuro, ma questa è la direzione che molti artisti stanno percorrendo.
Incontro di poli opposti: istituzione e ricerca.
Gli artisti contemporanei mettono sullo stesso piano ricerca ed esito finale. Io sono la prima della mia generazione a ricoprire un ruolo istituzionale, con la direzione del Centro Nazionale di Danza Contemporanea di Angers, e il mio proposito è di continuare secondo questo principio.
Credo sia possibile e deve esserlo.
La mia direzione è nel segno di un’apertura del Centro allo scambio e al confronto con altri artisti della coreografia, come spesso nei miei spettacoli. Il Centro di Angers è anche l’unico centro di formazione esclusivamente votato alla danza contemporanea e sono quindi impegnata anche su questo fronte, conciliando spirito di ricerca e risorse pubbliche.
Una questione delicata, che ha risvolti ideologici e politici e mette in allarme l’ambiente accademico della danza classica.
Arte e società civile: domani.
L’arte concentra in sé l’alternativa possibile, la chiave di un risveglio. Sta agli artisti sforzarsi di raggiungere i propri interlocutori, come è dovere della società civile mettersi in ascolto.
È la mia speranza, è la direzione del mio lavoro e del mio impegno.
Si dice che lo sguardo del pubblico sia sempre più assente, indifferente. La crisi degli intermittenti in Francia è sintomo del fatto che il mondo del lavoro e dell’economia non riconosce dignità ai lavoratori dello spettacolo, li considera un esubero soprattutto quando difficilmente inquadrabili, quando soli perché unici.
Luoghi come il CNDC devono incoraggiare solidarietà e scambio fra artisti, che prepari e promuova per il futuro un dialogo aperto con la società.
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