Che cosa è veramente importante, oggi, quando parliamo di attori?
Non è facile isolare delle questioni senza cadere nelle trappole di un linguaggio spesso usurato, o che finisce per restringere un campo che vediamo estremamente aperto. Per ora vogliamo sostare attorno a due punti piccoli e sostanziali: attore è chi agisce sulla scena, luogo socialmente riconosciuto; attore è chi viene guardato da persone convenute nello stesso luogo e con lo stesso preciso fine.Cosa sei tu, mentre abiti la scena, luogo dell'azione e della visione?
Cosa vedi, mentre sei in scena?
Quanto e come ti senti (o non ti senti) dentro ciò che viene definito “rappresentazione”?
E ancora: cosa vedi mentre guardi il lavoro degli attori? Come guardi il loro lavoro?
Chi è quella figura che abita la scena, quando sei tu a guardarla?Cercherò di rispondere considerando le parole che voi avete indicato e quindi tentando di restare dentro al gioco da voi lanciato, questo perché gli accessi attraverso i quali si può entrare in questa questione sono tanti e questo è un punto fondamentale per me del lavoro dell'attore: la grande quantità di possibilità, di alternative e il mutamento continuo da cogliere. Non mi pare un campo adatto alle affermazioni definitive.
Mi faccio luogo per rispondervi e sono il luogo della sovrapposizione, posso ovviamente essere luogo di visione e di azione e in potenza tutto ciò che è utile alla percezione altrui. Come tutto quello che ha una durata di facile misurazione, lo stare in scena, segue delle regole ritmiche che armonizzano gli elementi e questo è il limite, la cornice materiale. L'attore crea cornice da oltrepassare e un deficit da risolvere, egli dovrebbe mantenersi in relazione con tutto ciò che è concepibile per incontrare e considerare i limiti della sua esistenza cavalcando il proprio divertito virtuosismo di vivente estremo. Da qui i tanti modi che danno risposta a questa meravigliosa dannazione come per esempio quello che viene semplicemente chiamato allenamento o tecnica, la ricerca o la fuga dalla consapevolezza e nei casi più interessanti proposte per la plausibilità dell'entrare in scena. Questo snodo comunque garantisce il proseguimento del discorso.
Vedo quello che vedo sempre in ogni momento del giorno, un susseguirsi di relazioni tra emozioni. Persone, cose da fare e da capire, solo con una qualità iper, non in senso di grandezza, ma piuttosto di qualità di vita aggiunta e extraordinaria, anche questo si mette direttamente in relazione con il rapporto tra tempo dato allo scorrere della vita ed elaborazione ritmica che si muove al suo interno. A volte non vedo nulla e questo è grave. Lo scopo mio è iper vedere per una preferenza alla iper vita. Ma questa non è la cosa più importante.
Non ho una risposta alla domanda se mi sento o no nella rappresentazione. Siccome è un' ipotesi interpretativa importante mi ci confronto da sempre, come tutto ciò che è di tanti, lo contemplo per fiducia e profondo interesse ma come animale inquieto vagamente in percezione di gabbia. Essere attori per me è essere in balia, non posso mettere punti se non solo in alcune necessità formali, sento più opportune e più utili le aperture. Questo è conseguenza dell'interesse che ho verso la mutevolezza sentimentale, e per la preferenza di una posizione di privilegio: la posizione finale, da questa posizione si può vedere e riflettere su tutto ciò che c'è stato prima.
Fare uno spettacolo, stare in sala prove, è il risultato di una scelta molto precisa e per vari aspetti complicata, e fugate alcune pesantezze date da confusioni ed intralci egoici, principalmente ammiro, inseguo, la messa a fuoco, l'eccentricità come sinonimo di intelligenza e vita attiva.
Quella figura ricordo che è qualcosa di uguale a me, ma con possibilità di aggiungere forme e pensieri che io non conosco, per questo la ammiro, per questo stimolo all'andare fino in fondo alle proprie ipotesi attoriali, contro ogni pigrizia che genera ombra, bui visivi e di senso non opportuni. Altrimenti cosa restituisci a questa scelta tra la moltitudine a te data? C'è sempre una questione che tengo aperta nel lavoro con gli attori che pertiene alla loro scelta di entrare in scena.
Fiorenza Menni
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