Pièce di taglio ironico, dove i grandi della terra – Churchill, Roosevelt e Stalin – sono intenti a prendere il tè come signore dell’alta borghesia. Ma dietro l’apparente affabilità dell’incontro c’è la tragedia umana della guerra e l’appetito insaziabile delle grandi potenze nella spartizione del mondo. Lo spettacolo ha debuttato in Giappone nel 2002; a Santarcangelo è stato presentato l’8, 9 e 10 luglio 2011.
L’Internazionale dei golosi, cover ironica dell’inno dei lavoratori, introduce due donne, nel ruolo di Stalin e Roosevelt, e un uomo, nel ruolo di Churchill. I tre giapponesi, con un evidente problema di linea, conversano nella sala consiliare del Comune di Santarcangelo, seduti a un tavolo. Tra sigari di biscuit e praline di cioccolato, i bulimici fanno a fette il mondo come fosse una torta, per poi distribuirle tra loro. Siamo a Yalta, all’interno di The Yalta Conference di Oriza Hirata. Dimenticate le ideologie, perché quello che emerge sono gli stereotipi che ogni leader incarna. I costumi indossati e i colori rimano con i rispettivi cliché: Roosevelt è uno yankee in blue-jeans, Churchill indossa un abito bianco coloniale, mentre il tipico cappotto dell’Armata rossa rende Stalin una parodia della propria icona. Questi personaggi, incapaci di un pensiero politicamente strutturato, scherzano aspettando che uno dei tre si assenti per poterlo calunniare. L’arroganza ingenua della loro carne si risolve in un’utopia malata dai modi grotteschi. Perché corpi di massa tanto grande, e di altrettanto grande potere, possono attirare nella propria orbita tanti oggetti e molto cibo, ma non saranno in grado di abbracciare qualcosa di diverso dalla circonferenza dei propri stomaci. In loro manca la percezione dell’altro; la conferenza potrà dirsi conclusa quando il cibo sarà terminato e non rimarrà più niente di cui cibarsi. Solo allora i leader potranno tornare al consueto solipsismo che quell’incontro aveva forzatamente interrotto. L’ilarità e il sarcasmo suggeriscono una svolta interpretativa ambigua: difficile capire se Hirata condanni i vizi di un Occidente opulento, o se sottolinei le pessime debolezze del Giappone, una nazione, dal dopoguerra a oggi, ormai troppo edulcorata e resa melliflua dai modelli americani ed europei. Un paese desideroso di recuperare una dignità ieratica e non ancora corrotta da influenze straniere: forse l’unico modo per raccontare questo desiderio è nasconderlo dietro le maschere dei fantasmi dell’Occidente.
Credits:
Scritto e diretto da Oriza Hirata
Con Hiroko Matsuda, Yukari Takahashi, Yozo Shimada
Scenografia Itaru Sugiyama
Luci Tamotsu Iwaki
Sottotitoli Aya Nishimoto
Direzione tecnica Aiko Harima, Takao Nakanishi
Produzione Yoko Nishiyama con il supporto di Agency for Cultural Affairs
In collaborazione con Napoli Teatro Festival Italia
Traduzione del testo Alessandro Clementi
Interprete Maria Tiziana Bacco