Al “Supercinema” di Santarcangelo è stato presentato 338171, TEL, un radiodramma che porta dritti dentro a un gioco con accesso a entrata doppia: il dialogo in diretta da due campi separati – l’Almagià ex artificerie dello zolfo di Ravenna e l’Unicem ex cementificio di Santarcangelo – e la narrazione della sfida di Inghilterra e Francia contro Turchia e Germania per la conquista di Damasco.
Rodolfo Sacchettini, la voce del racconto radiofonico, sciorina le regole precise per poter partecipare e rendere possibile un contatto tra l’ascoltatore e gli spettacoli: i due T.E.L. che stanno andando in scena contemporaneamente sui due campi da gioco.
Il radiodramma mette in chiaro alcuni aspetti: c’è necessità di regole precise altrimenti il gioco entra nel caos più totale, se gli elementi del gioco sono al massimo si scatenerà l’inferno. Dunque le aspettative sono alte e l’invito è consapevolmente concitato ad avvicinarsi ai terreni da gioco oppure ad ascoltare, non si percepisce un pericolo reale, ma il tentativo di restituire a chi ascolta la dimensione magnetica degli avvenimenti.
Thomas Edward Lawrence tenente colonnello della R.A.F. Royal Air Force britannico è la figura ispiratrice di tutto il lavoro dei Fanny & Alexander, ma il perimetro della sfida ha un orizzonte più ampio che riguarda una tessitura musicale fatta di cori rimescolati di matrice araba e i suoni di uno strumento, un tavolo di ciliegio. Con possibilità tridimensionali l’accarezzamento “cartesiano” amplificato rende ipnotico lo sfregamento, mentre la possibilità di accogliere i colpi è data dalla disponibilità del tappeto a sostenere lo spaesamento dell’attore che percuote il tavolo secondo l’asse della profondità.
Il compito del radiodramma risulta essere quello della sana persuasione, attraverso un rapporto vincolante con la cronaca della rappresentazione, per arrivare al un punto in cui il racconto non basta più ed è necessario precipitarsi nelle zone del gioco.
Il gioco a cui si assiste è T.E.L.: in scena le suggestioni del radiodramma lasciano spazio al corpo dell’attore, ad un incedere guidato dalla compresenza di pulsioni opposte, quelle di una voce che guida, che comanda e quelle di una sopravvivenza legata all’andare avanti nonostante tutto in modo cieco e folle.
Ci preme sottolineare che lo sfinimento che si palesa sulla scena non è solo una meccanica fisica, ma la materializzazione di un feroce punto di domanda: “Ci sei? Non ho ancora capito se sei un ribelle o soltanto un deficiente”. Per porre una domanda sulla presenza a se stessi e non essere pretenziosi è necessario che ogni muscolo della scena sia ordinato al sacrificio quotidiano della sfida con il potere. La reazione e la contaminazione con il comando è nella geometria delle luci, nelle scosse elettriche del tavolo costruito da “tempo reale”, nello sguardo gravemente scosso di Marco Cavalcoli, nella luce inquietante negli occhi di Chiara Lagani. Nella drammaturgia soppesata trova spazio un nome: Termine Eternamente Lontano, che spiega che il deserto sarà raggiunto dalle telecomunicazioni, uno spazio residuale in cui continuare a chiedersi il significato della parola fallimento e della parola utopia.
Fanny & Alexander raccoglie la sfida, testimonia le impasse quotidiane personali e collettive: “c’è qualcosa che non va, serve un deserto” e con estenuata disperazione, stabilisce le regole per il tragitto, porta lo spettatore nel deserto creando una preziosa e unica occasione per far pensare.