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Un teatro in mezzo ai campi: 8 aprile con le Ariette


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''La formazione del nuovo pubblico'': un convegno sabato 25 marzo ad Albenga


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La cultura nell'economia italiana: il 13 gennaio un convegno a Bologna


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Impertinente Festival: il teatro di figura a Parma, dal 7 all'11 dicembre


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Master in imprenditoria dello spettacolo, Bologna, anno accademico 2016-2017


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Infanzia e città a Pistoia, dal 24 settembre al 5 novembre 2016


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Dalla Cultura alla Scuola: ''Cosa abbiamo in Comune'', il 7 settembre a Bologna


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Electro Camp – International Platform for New Sounds and Dance, a Forte Marghera dal 7 all'11 settembre


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Abbiamo incontrato Alice Merenda Somma e Camilla Lopez della compagnia Fuochi, giovanissima formazione nata a Ravenna in seguito a esperienze con Ermanna Montanari e la Non-Scuola. A Santarcangelo41 presentano Amabo te al MET fino a 17 luglio.

Quanto l’esperienza della non-Scuola e del laboratorio permanente condotto da Ermanna Montanari ha influito sul vostro approccio? Vedete dei punti di contatto?

Alice Merenda Somma: La non-scuola è stato un innamoramento, e ha influito sentimentalmente sul nostro lavoro. Nella non-scuola è tutta una questione di gioco e amore, dove la dimensione ludica porta a una scoperta importante. Il piacere di divertirsi nella profondità del lavoro è un elemento ancora esistente.
Il lavoro con Ermanna Montanari all’interno del gruppo delle Absidali: è stato fondamentale per costruirci la nostra autonomia, anche perché non è mai stato un vero e proprio laboratorio, ma piuttosto uno scontrarsi continuo con un vuoto di fronte al quale eravamo ogni volta chiamati a prendere posizione.

Camilla Lopez: Fare parte della non-scuola è stato come vivere in un microcosmo a parte, la stessa sensazione che abbiamo provato durante il percorso con le Absidali. Il lavoro è cresciuto gradualmente sulla scia di una continua scoperta di se stessi. Non avevamo obiettivi predefiniti, il percorso è andato avanti per deragliamenti e contaminazioni e non per direzioni lineari.

All’inizio dello spettacolo consegnate dei guanti di lattice allo spettatore, che si aspetta di dover toccare qualcosa, ma questo non avviene. C’è una continua negazione, anche nella scena in cui, sulle scale, Camilla chiede ossessivamente che le labbra di un altro si appoggino alle sue, affinché l’anima di uno possa passare nel corpo dell’altro. Ma l’aspettativa è tradita, e la figura è costretta a lanciare baci e l’anima rimane al suo posto.

A.M.S.: L’idea di utilizzare i guanti nasce con lo scopo di mettere in guardia lo spettatore rispetto alla materia incandescente con cui entrerà in contatto durante lo spettacolo: l’amore.

C.L.: Il grumo che scotta è la relazione tra le due protagoniste è questo il nodo di tutto lo spettacolo, l’aspetto che vogliamo far emergere attraverso un continuo sballottamento del punto di vista dello spettatore. Tutto lo spettacolo è caratterizzato da un continuo alternarsi di tensioni: un attrarsi e un respingersi, un allontanarsi e un riunirsi.

Il soggetto dello spettacolo è un soggetto negato, e anche lo spettatore viene stuzzicato, condotto da qualche parte, preparato a fare qualcosa per poi arrivare alla mutilazione dell’intenzione...

A.M.S.: Amabo te tiene insieme, allo stesso tempo, spudoratezza e pudore. C’è un cuore che viene protetto e celato, ma a tratti emerge. Il binomio spudoratezza-pudore è un punto cardine per noi, è la tensione che attraversa tutti i nostri lavori.

Siete due figure contrastanti, una hostess molto algida e una ragazza molto passionale. A un certo punto dello spettacolo invece sembra che qualcosa vi accomuni, entrambe avete spasmi, vi mettete le mani alla gola e al ventre. Qual è il filo rosso che unisce le due protagoniste?

A.M.S.: Il legame tra le due figure è il punto sul quale vorremmo porre l’accento. A prescindere da una possibile lettura psicologica, loro hanno la stessa malattia, sono chiuse insieme dentro un unico corpo: è un’entità che si spacca in due parti che restano allo stesso tempo indissolubilmente legate.

La logica del frammento è il principio regolatore di tutto lo spettacolo anche nella scelta della location, il museo...

A.M.S.: Lo spettacolo è stato concepito appositamente per un museo, la sua struttura drammaturgica si sviluppa in relazione a quello spazio. È stato presentato anche in altri luoghi molto suggestivi ma al museo assume quella particolare doppiezza che caratterizza tutto lo spettacolo: l’essere algido e allo stesso tempo pulsante di vita.

Potete dirci qualcosa sui prossimi progetti?

A.M.S.: Il lavoro che stiamo preparando in questo momento si chiama La libellula, ispirato al testo omonimo di Amelia Rosselli, ed ha al centro la questione dell’esporsi, del prendere posizione. Lo presenteremo il 18 luglio con una piccola miniatura in anteprima a Faenza poi a CORPOsaMente (Ravenna) il 5 agosto.

Alessandra Coretti
Bernardo Brogi
         

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