Ci aggiriamo per le mostre off con due artiste non provenienti dal disegno in cerca di assonanze, spaesamenti e letture tangenziali: Paola Villani, fondatrice del gruppo teatrale pathosformel e Marcella Riccardi, titolare del progetto musicale solista BeMyDelayIl pezzo mancante della collezione / Paola VillaniTreni, Guido Volpi, Modo InfoshopCon pathosformel abbiamo lavorato sul concetto di collezione. Di ogni collezione possiamo parlare solo alla fine, per dargli un senso. Qui mi colpisce l’idea del fronte treno a cui manca il resto: da un lato c’è una immagine antropomorfa, inevitabilmente associabile a una collezione di ritratti fatti di segni scherzosi e non drammatici. Eppure vedo il fronte, il punto di scontro, quindi la velocità e la violenza. Nella parte di mostra in libreria ci sono disegni “da soli” che sembrano più tristi. Se un pezzo della collezione si trova insieme ad altri è parte di un insieme, trova il suo senso con gli altri. Se è da solo resta sé stesso, come questi treni in libreria: maschere antropomorfe che ridono tristi in un angolo. Penso al lavoro di
Evan Penny, ai suoi busti in silicone iperrealisti di proporzioni però sballate. Visi a volte esili e filiformi che pensiamo di vedere in prospettiva, ma da vicino ci si accorge che le proporzioni sono del tutto innaturali. Il suo è un iperrealismo abnorme, che provoca le vertigini: pensiamo di potere dare per certa e scontata la riproduzione del volto umano, invece non la riconosciamo più, anche grazie alla collezione. La collezione sembra portare con sé un vincolo assoluto. In realtà ogni pezzo ridefinisce ciò che guardi, il suo fascino è scoprire un nome nuovo da dare alla serie ogni volta che aggiungi un pezzo: il singolo concorre ma non definisce. In libreria si avverte questa atmosfera da periferia urbana, da stazione, perché i treni parlano più nella loro singolarità. Nel bar vedi invece l’insieme. Forse è il suo senso, anche nell’allestimento: nel bar c’è una massa di persone e voci, e così i treni devono “parlare” tutti insieme.
Incidi-me, La Trama, SerendipitàLe mostre collettive mi lasciano spaesata, non riesco a trovare i fili delle cose, un dialogo fra le opere. Sono portata a dover dire “bello o brutto”. Qui è interessante poter vedere gli originali e le stampe. La matrice ha uno splendore che la stampa a mio avviso non può raggiungere, è lo strumento che contiene la bellezza del disegno, è il procedimento alla quale viene sottoposta la realtà per avvicinarsi a ciò che si cerca. Mi affascinano i procedimenti che necessitano di una parte strumentale, non diretta, e che lasciano un margine di errore, di fuori controllo e incoerenza. Amo molto il lavoro di Toccafondo, per esempio. Il margine di scarto che lascia nelle sue opere, lo “scatto” tra un fotogramma e l’altro riporta a una dimensione di umanità assoluta. Le tecniche fotografiche oggi sembrerebbero potere dire: «vedo e posso tenere». Non mi interessa. L’iperrealismo è troppo corretto, cerca una giustezza che non riproduce nulla di veramente umano.
Pathosformel è un progetto di arti performative nato a Venezia nel 2004. Riconsidera la presenza umana e la sua immagine sulla scena. Paola Villani è artista teatrale, set designer e videoanimatrice:
pathosformel.org,
paolavillani.com