Il termine mediaturgy indica lo spostamento avvenuto dal dramma ai media tecnologici .
In una epoca in cui ciascun medium va perdendo i tratti distintivi si producono forme ibride, né una cosa né l’altra, né cinema né teatro (il live film), né film, né installazione (il cinema espositivo), sia dal vivo che riprodotto (i live media), fuori sincrono (Foster) e re-mediazioni (Bolter e Grusin)1.
Le tecnologie creano più luoghi, simultaneamente, congiungono l’interno con l’esterno, pubblico e privato, individuale e collettivo, estendono il territorio del visibile, non più protesi del corpo.
I dispositivi tecnologici hanno creato dei teatri-mondo virtuali in cui l’immagine non è mera riproduzione di un oggetto reale, ma corpo plastico-vivente che si dilata nello spazio, manipola il tempo, trasforma la materia.
Nei mondi virtuali creati dalle nuove tecnologie si incontrano senza opporsi oggetto e soggetto e si producono interazioni che sfuggono alle dicotomie: i corpi virtuali sono corpi-immagini, sono sia oggetti che eventi.
L’opera d’arte interattiva, non è riproduttiva in quanto la sua fruizione-produzione la costituisce come opera virtuale che è un oggetto-evento di cui si accentua la dimensione patica e panica, perché lo spettatore-performer fa corpo con l’opera2. La dicotomia fra virtuale e reale cade: «La virtualizzazione non è una derealizzazione (la trasformazione di una realtà in un insieme di possibili), ma un cambiamento di identità, uno spostamento del centro di gravità ontologico dell’oggetto in questione […]»3.
Lo spazio sonoro avvolge spazialmente lo spettatore e lo trasporta nei luoghi raffigurati attraverso la dislocazione delle fonti di emissione e captazione del suono, intensificando la dimensione collettiva della fruizione e contribuisce a magnificare la percezione sensoriale rispetto a quella ottica:
la liveness della scena teatrale non viene narcotizzata in sé, quanto trasferita ad altri agenti : la presenza non appartiene più esclusivamente al performer, in quanto la qualità di liveness - il dal vivo - si è trasferita alle materie cromatiche, sonore, plastiche, visuali.
Note
1 Cfr. David Bolter, R. Grusin, Remediation. Competizione tra media vecchi e nuovi, Guerini studio, Milano, 2002 e Hal Foster, Design & Crime, Postmedia, Milano, 2003, pp. 127-128.
2 Cfr. Roberto Diodato, Estetica del virtuale, Mondadori, Milano, 2005.
3 Pierre Levy, Il virtuale, Raffaello Cortina, Milano, 1997, pp. 8-9.
Valentina Valentini*
*Studiosa, saggista, docente di Arti performative e Arti Elettroniche e digitali presso Università La Sapienza di Roma