L'identità dell'attore è oggi sotto assedio. Già parlare di identità dell'attore sfiora il paradosso: l'attore dovrebbe poter assumere qualunque identità perché – in fondo – non ne ha nessuna. Ma oggi ci rendiamo conto che tutti noi, nella nostra vita “feriale”, viviamo un intreccio di identità (etnica, religiosa, sessuale, professionale, generazionale, più tutte le ossessioni e i brand che ci connotano...). Quello che era privilegio e condanna dell'attore, è diventato normalità.
Sta cambiando anche il rapporto tra l'attore e lo spettatore, attivo il primo e passivo l'altro. Si diffondono esperienze performative che richiedono una partecipazione attiva del pubblico; al limite, l'attore scompare e ad agire sono solo gli spettatori. La “partecipazione attiva” caratterizza anche le altre esperienze artistiche e comunicative, ed è alla base del web 2.0, a cominciare dai social networks, dove gli utenti mettono sulla scena della rete il loro “sé ideale”, o “personaggio ideale”. Questa propensione all'azione è un atteggiamento sempre più diffuso, che la comunità europea ha messo al centro dei nuovi progetti in campo culturale.
Sul versante opposto, si fa ancora più pressante la seduzione dell'inorganico. È un retaggio antico: la maschera e soprattutto il burattino fanno parte da sempre della tradizione teatrale, e gli automi hanno una lunga storia. Oggi, grazie all'evoluzione della robotica, siamo sempre più vicini alla nascita di un attore virtuale. Al cinema sempre più spesso gli attori vengono sostituiti da avatar tridimensionali (nelle scene di massa è da anni pratica di routine), in teatro il regista Ozira Hirata ha fatto dell'androide Geminoid F la protagonista di Sayonara vers. 2, un adattamento delle Tre sorelle di Cechov.
Quella che stiamo vivendo è una mutazione genetica della figura dell'attore, di cui è difficile misurare le ricadute: non solo in ambito teatrale o spettacolare, ma nella costruzione della nostra stessa identità e immagine pubblica. Il teatro e la figura dell'attore – sospeso tra la vita e la morte, tra la realtà e la finzione, teso alla conoscenza di se stesso – sono da sempre al cuore di questo processo, attraverso meccanismi di identificazione e proiezione, distanza e sovrapposizione. Se cambia l'attore, cambiamo anche noi.
Oliviero Ponte di Pino*
Saggista e critico teatrale da tempo attivo nel campo dell'editoria, è fondatore della webzine Ateatro.it