Abbiamo incontrato Luigi De Angelis di Fanny & Alexander, presente a Santarcangelo · 13 con una serie di progetti legati all’infanzia e all’educazione e appartenenti a una riflessione più ampia sul rapporto tra individuo e comunità. Dallo spettacolo Discorso Giallo al laboratorio per bambini Pianeta Giallo condotto da Chiara Lagani fino a Giallo - Radiodramma dal vivo.
Discorso Giallo è la seconda declinazione di un progetto sui discorsi pubblici, che analizza ogni volta diversi e complessi aspetti della società. Da cosa nasce la necessità di affrontare la questione della retorica pubblica attraverso più monologhi?
La necessità di declinare il discorso in più direzioni nasce dalla sensazione di tossicità del mondo che ci circonda, e in particolare dell’Italia in cui operiamo. La nostra peculiarità è quella di lavorare sulla spirale, mi interessa come figura perché è un cerchio che ritorna sui propri passi, ma a ogni ritorno va più in profondità. Il progetto sui Discorsi non parte da un archetipo letterario, come altri nostri lavori, ma indaga le contaminazioni primarie del nostro vivere quotidiano. Politica, religione, sport, giustizia... ogni volta che ci connettiamo col mondo e con i media abbiamo a che fare con queste parole. Sono questioni che abitano ormai dentro di noi come un morbo; come possiamo farcene carico?
L’artista è come un mollusco che trasforma le tossine in perle, in opere di bellezza. I Discorsi partono direttamente da tali tossine, sono stati composti andando a indagare tutte le forme di vociferazione della parola pubblica, che si diffonde come un gas velenoso nell’aria. Per farlo ci rivolgiamo principalmente all’universo televisivo, che dal suo avvento ha scardinato e intaccato qualcosa definitivamente. Ad esempio Discorso Giallo giunge al paradosso in cui l’educazione nazionale diventa bipolare, schiacciato tra scuola e TV. Il tentativo educativo televisivo si realizza in trasmissioni per bambini e adolescenti, mascherate da scuole per talenti. In realtà si tratta di puro commercio e il loro successo richiede un legame quasi religioso: è una sorta di simonia della formazione, che viene venduta a chi ci crede ferventemente.
Cosa è avvenuto nel passaggio da questo materiale alla composizione dello spettacolo?
Il materiale viene condensato nell’opera in un tempo che non è realistico, che è compresso. L’opera è un imbuto in cui si pigia la materia tossica, e questo provoca un’effervescenza, un bollore, un continuo movimento interno che affiora nella parola e nel gesto. C’è qualcosa di sopito che emerge all’esterno. In Discorso Giallo è la questione della figura psichica della bambina nascosta nel corpo dell’attrice adulta (qui interpretata da Chiara Lagani), una bambina che non vuole crescere, chiusa dentro una matrioska. L’educazione mascherata di cui parlavo non vuole che il bambino cresca, che diventi adulto. Ho parlato della televisione, ma anche l’universo scolastico non è certo confortante.
Rispetto a Discorso Grigio, discorso “politico” attraversato in scena da Marco Cavalcoli, questo lavoro appare più mimetico e definito rispetto alle figure di riferimento.
Si tratta di due tensioni differenti: in natura esiste un mimetismo fanerico, ad esempio quello delle farfalle che imitano finti occhi giganti sulle loro ali per spaventare il nemico, e un mimetismo criptico, che è quello del camaleonte. In Discorso Grigio c’è una coincidenza tra la figura dell’attore e quella del politico. Le voci dei personaggi politici sono come brandelli, macchie di leopardo che contaminano tutto lo spettacolo nella sua unità. In Discorso Giallo invece le figure vengono attraversate una ad una, ognuna nel loro mondo, di cui esse sono le impronte.