Arrampicandosi verso le Rocche malatestiane, si entra in un palazzo dove una giovane ragazza offre un aperitivo preparato dal padrone di casa e poi fa accomodare nelle sedie barocche ma comode di un ampio salotto. Il Festival è solito entrare nelle case di Santarcangelo: qualche volta per fare inchiesta e capire cosa pensano gli abitanti ogni anno attraversati, strictu sensu, del teatro di ricerca; altre volte, ed è il nostro caso, per ospitare il lavoro degli artisti. Nel salotto di Mons Jovis c’è ad esempio il film di ZAPRUDERfilmakersgroup, che sin dalle prime immagini rievoca uno dei ricordi più vivi della scorsa edizione del Festival: sullo schermo – ripreso dall’alto con una rigorosissima e risolutiva camera fissa – c’è il palco dove l’anno scorso si sono sfidate 27 coppie di ballo liscio per I topi lasciano la nave. Il pubblico era privato della musica ma i ballerini erano tutti dotati di cuffie, e il suono di piazza Ganganelli sembrava quello di un film quando si sente solo il pavimento calpestato (per una approfondita trattazione si legga l'intervista La rappresentazione malata). La giuria progressivamente selezionava le coppie da far proseguire nella competizione, ma lo spettacolo era costruito in modo che il rumore della pedana fosse costante. Il ritmo serrato dei tacchi sul palco, il ballo vorticoso dei vestiti da liscio, il pubblico incuriosito e stupito, e nessuna musica: un campionamento ambientale perfetto, ottenuto attraverso uno spiazzamento? Il film di Zapruder ricostruisce una verità, restituendo una qualità rarefatta e preziosa di quell’esperienza; cambia l’angolatura, forza lo sguardo del pubblico portato ad ascoltare il palco. Non ci sono distrazioni, rimane l’evocazione di quei topi che scappano dalla nave, e l’immagine muta di un potente boogie.