Abitare Piazza Ganganelli, punto di snodo dell’attraversamento del paese, è sempre stato uno dei desideri del festival. Tanto più lo è per un’edizione che cerca di problematizzare il “vivere insieme” e di discutere attorno alla natura sociale propria dell’agire artistico-culturale. La piazza di questi dieci giorni, l’agorà che accoglie chi viene da fuori e chi abita a Santarcangelo, il suo pubblico stanziale, è più accorta degli altri anni: segna a terra le direzioni che conducono dove c’è teatro, danza, performance; e genera più attrito: perché induce a fermarsi con il mutare quotidiano dello scenario. Disordini ordinati è il titolo del lavoro di Maël Veisse, giovane architetto francese il cui ossimoro abitativo sta coinvolgendo lo spazio pubblico della città. Sue sono le strutture modulari in legno d’abete che costituiscono la ciclo officina, la libreria e il punto informazioni; sue le basse sedie che, da un’ora all’altra, mutano la propria disposizione. Secondo il disegno dell’artista, a partire dal mattino, il primo impatto dello sguardo deve portare con sé una dose abbastanza importante di sorpresa ed emozione. Il confronto avviene con composizioni formali ben definite e già connotate: un reticolo quadrato in cui non è quasi mai prevista la frontalità o un cerchio, chiuso, in attesa di un accadimento. Da qui, c’è chi accetta la proposta, chi la rifiuta e poi c’è la possibilità della modifica, data dal ragionare che precede il sedersi. Giungere all’abitudine di spostare gli oggetti, definire la forma dell’abitare e dello scambio, poterlo fare in uno spazio e in un tempo esposti - comunitari - corrisponde a un risultato significativo, possibilità potenziale offerta dall’architettura di cui, secondo Veisse, dovremmo tentare il recupero, al di là della temporaneità di un festival.