L’attore non ha paura di chiamare il teatro col suo nome. Non lo definisce in relazione a qualcos’altro, aggiungendo parole di supporto. Il critico o lo storico vi aggiungono “nuovo”, “di realtà”, “terzo”, “visivo” e tanto altro. Ma ogni attore segue la sua linea, incarnando immagini diverse per ogni opera o costruendo, passo dopo passo, una figura che come un’ombra lo insegua. A volte di un attore o di un’attrice si dice «fa sempre se stesso», oppure ci si stupisce di quanto sia in grado di cambiare e trasformarsi (“trasformisti” però lo si era solo all’epoca in cui si credeva nel personaggio). Nel primo caso è più utile pensare a un’impronta, disegnata accanto a sé come un secondo corpo (immagine fantasma del primo) nel cui solco si depositano esperienze, studio, fallimenti, traguardi, testi, trucchi, tecniche, specchi. L’impronta di Danio Manfredini è profonda e stratificata. Il suo materiale è vastissimo, e si traduce ogni volta in opere che nella loro grandezza sanno mettere a fuoco i dettagli: la voce di Al presente che scopre le tante sfumature dello strazio, o ancora il valore del costume, maschera integrale del corpo, che in Vocazione gioca con i fantasmi del teatro letterario e di quello dello stesso Manfredini, riacciuffando l’effigie di quell’impronta iniziale. Claudio Morganti, che è stato Woyzeck e ora è Lenz, in questo sprofondamento buchneriano esternalizza il suo fare attraverso spaziature tra attore e personaggio, tra il tempo dell’opera e il tempo dello sguardo dello spettatore, aiutandolo a visualizzare l’idea intatta di un teatro che accade nell’istante dell’incontro. Altri attori e altre attrici sono presenti in questo festival, Fiorenza Menni, Silvia Calderoni, Consuelo Battiston, Matteo Angius, Lorenzo e Geppy Gleijeses. Ogni loro voce è importante, alcune hanno il peso di un intero teatro, solista e in grado di farsi mondo, altre sono parte di un coro che si intreccia con registi, scene e immaginari di compagnia.
Oggi l’attore ha l’onere di rappresentare una dimensione di massima resistenza. Poco tempo fa, in una discoteca di Riccione, alcuni performer sono stati arrestati per presunti atti osceni in luogo pubblico. La solidarietà ricevuta è stata massima, dal mondo del teatro e non solo. Che strano momento è stato. Quella dei corpi in scena è infatti resistenza quotidiana, che andrebbe valorizzata e protetta tutti i giorni, in quanto condizione ideale per la crescita e la trasmissione di visioni che si fanno idee.