[Cristina Rizzo, ritratto di Ilaria Scarpa]
Il corpo danzante è un corpo sottratto alla volgarità dell’obbedienza: così Alain Badiou spiega il motivo per cui Nietzsche sceglie la danza come metafora del pensiero, prima alleata di Zarathustra contro lo “spirito di pesantezza”. Il rovesciamento fra terra e aria, fra ascensione e gravità tracciato dal volo d’uccello è danza perché rende visibile la reversibilità di impulso e decisione, di pre-determinazione e imprevisto, il momento felice e anonimo in cui l’umano si esperisce come puro potenziale. Per questo il corpo virtuoso, sincrono o istintuale sono tutti nemici della danza, “volgari” perché assoggettati a un principio esterno, regola ginnica, ritmo musicale, impulso fisiologico («Niente di più volgare che un corpo in preda ai propri impulsi» scrive Nietzsche).
Il lavoro di Cristina Rizzo è percorso da questa questione fondamentale: praticare e condividere un pensiero della disobbedienza e una pratica di alleggerimento rispetto ai codici estetici, politici e fisiologici che disciplinano i corpi in azione. Le numerose tecnologie performative e strategie coreografiche messe in campo dall’artista fiorentina spostano il proprium della danza in uno spazio liminare, di cornice, in quello spazio che non appartiene né all’arte né alla vita ma regola la loro reciproca separazione, zona paradossale di indecidibilità e riconversione dell’una nell’altra. Lo spettatore è preso in un processo di reframing continuo del movimento in relazione agli altri strati percettivi (La Sagra della Primavera - Paura e delirio a Las Vegas, BoleroEffect) o espressivi (Invisible Piece, No tengo dinero) della scena che alleggerisce i corpi e le immagini del carico psicologico, simbolico o narrativo e sposta l’attenzione sul presente come tempo altro dell’azione e nell’azione, eccedenza gratuita, increspatura superficiale, smorfia. Danza la leggera, primo mobile: gesto come origine, e non conseguenza, di un senso a venire.
Maria Cristina Addis
Ricercatrice presso il Centro di Semiotica e Teoria dell’Immagine Omar Calabrese (Università di Siena)
e redattrice della rivista internazionale Carte Semiotiche Annales