Un pugile, con il volto nascosto dal cappuccio della sua veste, accoglie il pubblico. Un sacco da boxe pende sul fondo del palcoscenico del Lavatoio. La danza di Monteiro Freitas si scatena senza preavviso, ad altissima velocità, come in trance: coi piedi ancorati a un campo magnetico, gambe lunghe, muscoli ambra lisci e vigorosi, piume viola intorno alla vita, fianchi scossi da un violento ondeggiare che segue un frenetico ritmo di tamburi. Un’altalena sincopata che potrebbe durare ore e secoli, attraversando vite passate e future; il tempo non ha presa su Guintche - nome che la Monteiro ha dato al suo personaggio danzante multifacce. Gli occhi si trasformano e le spalle impostano il ritmo, mentre le braccia, inizialmente amorfe, si protraggono in sfida, talvolta come battito d’ali vorticoso, tal altre come ganci fissati al torace. La faccia si rompe e ricompone in continuazione: le sua parti si aprono e chiudono, contraggono e dilatano, gonfiano e collassano; maschere mobili e grottesche che catturano lo sguardo di chi assiste - incapace però di descriverle con senso compiuto. Perché è impossibile fissare le immagini che la Monteiro restituisce: il volto di Guintche racchiude emozioni e sensazioni che vanno oltre i codici della comunicazione civile. E questo è solo l’inizio.
[Foto Ilaria Scarpa]
Guintche è fuori dal guscio, finalmente consapevole delle sue capacità sovrumane: l’azione frenetica iniziale si scompone in diversi quadri attraverso cui il corpo-animale scopre e si impossessa delle diverse aree del palcoscenico. A tratti manichino di gomma, a tratti rigido robot, la Monteiro offre tutte le acrobazie possibili, dalla più elegante alla più idiota, dalla più aristocratica alla più indecente. Iperattività e apatia, rapimento e depressione, ricerca dello sguardo altrui e consapevolezza della solitudine: Guintche è abitata da emozioni transitorie e contraddittorie date in pasto al pubblico; è espressione orizzontale e verticale dell’umano, dell’animale e dello spettacolare senza tempo: un pugile brutto, uno schermidore, una prostituta romantica, una ballerina malinconica, un cavallo selvaggio, un rettile arrabbiato, un uccello del paradiso, Charlie Chaplin, Josephine Baker o Jerry Lewis. Guintche si nutre di chi ha di fronte e al contempo chi la osserva la cannibalizza con gli occhi. Un’animalesca danza delle stranezze, quella della Monteiro, che ha nella durata forse eccessiva l’unico elemento depotenziante di un lavoro per il resto affascinante.