RECENSIONI > A-way, nella fiaba di Fanny & Alexander il coraggio di un atto politico
Anche leggere una fiaba può significare compiere un atto politico di estrema importanza.
Lo hanno fatto i Fanny e Alexander, con massimo rigore e energia, in A-way, trilogia ispirata alla celebre storia de Il mago di Oz, per la prima volta presentata integralmente ieri a Ponte Alto. Kansas, East e Emerald City sono state le tappe di un viaggio di esplorazione che della fiaba ha spezzettato la morfologia, deformandone e ampliandone come un prisma caratteri e strutture. Tante così sono le Dorothy che abitano la scena di un mondo quotidiano e nostalgico, dove la casa diventa un museo d’arte contemporanea, fatto di sguardi inquisitori e di polvere, mentre il desiderio del cambiamento costantemente si palesa nell’attesa di un ciclone che, sappiamo, presto arriverà. Una donna delle pulizie che spegne l’aspirapolvere per contemplare un quadro, una signora elegante che si innamora di un ritratto, un’adolescente che inciampa sui passi della sua performance, una goffa studentessa e infine la sola Dorothy, leziosa e consapevole, con le sue scarpette rosse. Insieme a lei il padrone del museo, un Hitler-Oz dall’ambigua presenza che ci conduce di fronte alla riproduzione di “Him”, una delle più sconcertanti opere di Cattelan, che qui acquista nuova intensissima voce. Un prologo, quello di Kansas, che in East ci precipita non in un mondo incantato ma in un inequivocabile scenario di guerra dove la voce è qui invece tintinnante, quasi afona, materia del racconto inenarrabile di un uomo di latta, giovane soldato fatto a pezzi nella sua intimità, derubato, con precisione scientifica, della memoria e del cuore. La legge di Oz non lascia scampo e ,giunti ormai a Emerald City, anche la confessione dei suoi supplici si fa arma, al consolidamento di un potere che ammalia, che si arroga del diritto alla libertà per imprigionarla. “I’m Oz! Who are you?”, è la domanda o piuttosto l’accusa con cui i Fanny ci invitano, senza troppe sottigliezze, a fare dell’autonomia del pensiero individuale l’antidoto agli incantesimi del potere.
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