Una pattinatrice ci sfiora, bianca nel buio della sala, percorrendo il perimetro di un cerchio di luce. Si muove con leggerezza, distrazione, ripercorrendo le strade di un’alienazione quotidiana. Ipnotica. I rumori del traffico sono la colonna sonora del suo sonno. Una innocua notturna culla dei sensi che si tramuta in un mostro feroce, capace di penetrare con la sua confusionaria voce la membrana del nostro inconscio. Sono lo schianto e la caduta in pezzi di ogni contegno, tradotto in urla e ingiurie di automobilisti precipitati in un vortice di rabbia. La specularità tra un piano di visione orizzontale, replicato nella sua digitalizzazione in verticale, è anche metafora del mondo che abbiamo di fronte, intento a produrre continue provocazioni, in attesa della nostra presenza. O meglio resistenza. La sua violenza si palesa in urina sul pavimento, cori da stadio, incuranti di qualsiasi pensiero non direttamente derivato da un impulso animalesco: uno scalcagnato vagire di belve che angosciano attorno alle mura delle nostre certezze. Un lavoro incentrato sull’inevitabile traspirare della violenza dei nostri giorni nelle vite di ogniuno, sull’impossibilità d’abbattere un muro che il quotidiano ha dipinto d’indifferenza e scontatezza, scalfito semmai solamente dalla lotta di pochi nei suoi confronti.
Andrea Laino