Andiamo con Motus in una multisala, osserviamo quegli accrocchi di adolescenti che sembrano tutti uguali. Hanno una birra in mano, forse stanno semplicemente aspettando che il tempo passi. Poi muoviamoci lungo i recinti di un aeroporto, sostiamo in un parchetto pulito e desolato, vicino a un padre che riconcorre per gioco il figlio. Forse qualcosa lega i paesaggi che osserviamo dai finestrini delle nostre auto e l'umanità che scorre sullo sfondo.
Una densa parola ruota attorno al progetto X (ics) di Motus: l'incolto. Seguiamola nell'accezione che ne dà Gilles Clément, nel Manifesto del Terzo Paesaggio. «Una quantità di spazi indecisi, privi di funzione sui quali è difficile posare un nome. [...] Tra questi frammenti di paesaggio, nessuna somiglianza di forma. Un solo punto in comune: tutti costituiscono un territorio di rifugio per la diversità. Ovunque, altrove, questa è scacciata».
Clément parla di bordi di strade, aree metropolitane dismesse, luoghi in cui l'uomo non interviene, non decide. Se ne vedono un po' ovunque, se ne sente più spesso parlare nelle quotidiane cronache dalle banlieue, come se l'unico termometro per la salute della società fosse definire la propria identità stabilendo un'appartenenza sull'esclusione dell'altro. Forse sono allora gli incubatori del consumo, i centri commerciali, i Junkspace di Rem Kolhaas, spazi spazzatura, i luoghi per mettersi in ascolto, osservare, capire, domandare. Dove troneggia il controllo e il progresso si annidano anche potenzialità di segno inverso? Alla multisala si va, in tanti, spesso senza pensare nemmeno al film che vorremmo vedere. Spesso fermandosi per comprare caramelle, pop corn, gettoni per la sala bowling attigua. Un preciso palinsesto è stato previsto per noi. Eppure quegli accrocchi ci sono lo stesso. Senza centro ma legati da una forza di gravità alternativa, generativa di qualcosa che forse non ha organizzazione né scopo, ma un potenziale che può attecchire, ricostruirsi, propagarsi. Particelle elementari per nuove leggi nella fisica delle relazioni umane: nuove forme, materiali e non virtuali, della comunità.