Perché andiamo a teatro? Noi vogliamo entrare nel “luogo della visione”, qui e ora. Vogliamo essere accolti, esserne avvolti e attraversati. Non abbiamo altro luogo di compresenza, non esiste altro luogo dove azione e reazione siano un gioco immediato e collettivo, uno scambio continuo di energie direzionate. Il teatro è il luogo dei desideri in cui ognuno porta con sé il proprio interrogativo, la propria visione; allo stesso tempo ci appare come il territorio sacro della metamorfosi, dove svaniscono gli appigli e tutto diviene possibile. In questi giorni abbiamo viaggiato in molti di questi luoghi e ci siamo interrogati a lungo sul senso del “fare” teatro, che sia sulla scena, in platea o sulla pagina. Pensiamo che ognuno dovrebbe scegliere di intrecciare o di smagliare il tessuto dell’opera tenendo stretto a sé il proprio desiderio, ma lasciando che lo sguardo si schiuda alla molteplicità delle prospettive da cui è possibile osservare la densità del reale e dell’immaginario. C’è urgenza di nuovi strumenti, sentiamo il bisogno di costruire i mezzi che ogni volta ci permetteranno di trovare un ingresso, di passare al di là dello specchio. Non ci aspettiamo risposte: sarebbe bello, una volta dentro, trovare sempre una nuova domanda con cui ricominciare il viaggio.