Come ogni anno proveremo sulla Gazzetta di Modena a raccontare Vie, incontrando artisti, discutendo opere e progetti. Per chi volesse venirci a trovare, ci troviamo al secondo piano del Teatro delle Passioni, con una redazione che è anche un laboratorio di osservazione e scrittura.
Andiamo a teatro per cercare qualcuno che ci ponga domande sul mondo. Esiste oggi una netta differenza fra il "teatro di prosa" la scena che definiamo "contemporanea": quanto da una parte troviamo spesso operazioni conservative, o al meglio di rilettura di patrimoni che appartengono al passato, quanto dall'altra siamo nel campo dell'invenzione. Non che il passato non serva, al contrario. Il problema, almeno in Italia, si pone quando quasi in ogni Teatro Stabile vediamo stagioni e progetti che non scommettono, che non ricercano, il più delle volte composti attraverso liste di scambi e amicizie che non hanno nulla a che vedere con l'arte. Non possiamo quindi che sottolineare il valore culturale di uno Stabile Regionale quale è ERT, che progetta una stagione contemporanea al Teatro delle Passioni e un festival internazionale di nove giorni che coinvolge tutta la città di Modena. Certamente molte cose si potrebbero ancora fare, va però detto che se ogni Stabile, in Italia, si dotasse delle linee di programmazione di ERT, probabilmente il teatro contemporaneo non vivrebbe la marginalità che ben conosciamo. Nei giorni di Vie vogliamo quindi ribadire il valore del "nuovo", ma non come categoria commerciale, altra etichetta abusata e buona per tutte le stagioni e le programmazioni, quanto come scandaglio dell'ignoto e forza creatrice dell'immaginazione. Si può infatti fare parte della ristretta cerchia di chi programma il "teatro di ricerca", ma perseguire dinamiche che non ricercano affatto e si accodano alle correnti. È solo per i veri tentativi d'invenzione e di ricerca, invece, che forse un domani i bambini di oggi si ricorderanno di chi li ha preceduti. Sgombriamo quindi il campo: intendiamo per "ricerca" un modo di essere e di lavorare anche come operatori teatrali, un modo che presuppone uno scavo, una fatica, un'inquietudine per cui nessuna scelta è mai scontata. In altre parole, quando dietro a ogni opera esiste un pensiero non occasionale sulla sua presenza in un festival o in una stagione. Anche sui compromessi a cui bisogna cedere, ovviamente. Ci sembra che Vie si ponga in questa direzione, compromessi compresi. Il festival di Modena è forse uno dei pochi luoghi persuasi che il teatro debba tornare a parlare al presente avendo memoria del passato, per prospettare un futuro alle vite delle persone di oggi. Un festival che "non arretra", che non si maschera dietro a presunte "impreparazioni" dello spettatore, e che ha il coraggio di investire in quella grande parte di scena che solitamente viene ignorata.